La bush-school

L'arte del tracciatore

 

Lo studio delle tracce è una delle discipline fondamentali per chi voglia diventare un esperto del bush. Per questo ho pubblicato un libro sull'argomento, cercando di semplificare il compito a chi volesse dedicarsi a tale interessantissima e gratificante attività.

 

TRACCE E SEGNI DEGLI ANIMALI AFRICANI

IL GRANDE LIBRO DELLE TRACCE  AFRICANE

 

 

L’idea di “mettere insieme” un libro, più che  un manuale, sulle tracce e sui segni che la natura africana lascia a disposizione dell’”investigatore” che  abbia il desiderio e la curiosità di decifrare i suoi mille enigmi, è nata non solo dall’aver accumulato, in tanti anni di frequentazione del  bush, una certa mole di materiale ( fotografie, disegni, schizzi, reperti), e di esperienze, a volte curiose, che mi piacerebbe mettere a disposizione dell’appassionato che si reca in Africa (sia esso cacciatore, naturalista dilettante, fotografo di animali o semplicemente turista amante della natura e dell’avventura), ma anche e soprattutto dalla convinzione che una materia, anzi, oserei dire un’arte, come quella del “tracciare”, meriti qualcosa di meno asettico ed impersonale di un manuale. 

Non vorrei, ora, essere frainteso; non voglio dire che un manuale sulle tracce non sia utile, anzi, è utilissimo, ed anche in questo libro userò foto e disegni comparativi,  organizzati in gruppi, voglio solo dire che ogni traccia ha una sua storia, anche se parliamo della traccia lasciata da diversi individui di una stessa specie, diciamo pure che ogni traccia ha la sua “personalità”. Di conseguenza, anche conoscendo, per averla vista su di un disegno e studiata e memorizzata a menadito, la forma dell’impronta, si fa per dire, di un leone, nella pratica ci si troverà di fronte a talmente tante variabili, dovute vuoi ad un’anomalia, una ferita, una malformazione di quel singolo animale, vuoi ad agenti esterni che possono averla modificata, che l’errore, a volte anche madornale, è sempre in agguato. Risulterà utile, quindi, non solo visionare molte tracce diverse e, nelle diverse condizioni, dello stesso animale, ma anche e soprattutto riflettere ed osservare, ogni volta che si esamina un’impronta, ciò che sta intorno e che può dare, sovente, un significato diverso da quello che ci aspettavamo di primo acchito.

E insisto su questo punto: guardarsi intorno! E’ la legge numero uno del bush.

Ed è’anche la regola prima della sopravvivenza nel medesimo.

Quando cammini, l’occhio deve compiere un ritmico percorso, che diventerà automatico: terreno davanti ai tuoi piedi (vedi le tracce, vedi un’eventuale vipera soffiante  o puffadder, che si affida al mimetismo per sfuggire ai pericoli, ma che, proprio per questo, causa tanti incidenti), occhiata davanti a te, più lontano (il selvatico che segui o quello che proprio non stai seguendo per nulla, magari un vecchio bufalo bisbetico, che può seccarsi della tua intrusione, può essere fermo, tra i rami, dieci metri davanti a te, o magari un black mamba, fuggito all’approssimarsi dei tuoi passi, che  si è rifugiato su di un basso ramo, all’altezza del tuo viso), occhiata intorno, ai lati ( il bufalo di cui sopra può essere in mezzo ad un cespuglio di wait-a-bit a lato del tuo cammino).

La stessa legge vale quando si osserva una traccia . Elias, uno dei migliori tracciatori che abbia avuto, mi disse una volta:  “N’kosi, unabo amehlo amabili: iso enyaweni, iso phesheya unyawo!” “ Capo, tu hai due occhi; uno va alla traccia, l’altro al di là della traccia!”

Amo la lingua Zulu anche per questo: è musicale, a volte sintetica e a volte aulica e poetica, ma sempre sa esprimere concetti anche complessi con molta semplicità ed in modo vivido ed efficace.

Per tornare in tema, il  problema è un po’ lo stesso che incontrai quando, neolaureato in medicina e chirurgia, dovetti fare i conti con la differenza che c’è tra la teoria e la pratica…..una mole enorme di nozioni, teoricamente esatte, stipate nella scatola cranica, faticavano, a volte, a combaciare con la realtà che mi trovavo davanti…le nozioni apprese sui testi erano giuste, si, ma erano le tremila variabili a fregarti! L’esperienza, derivante dal visionare centinaia di casi, poi, riduce ( e sottolineo riduce, non azzera) gli errori, ti smalizia, ma occorre rendersi conto ed ammettere che la perfezione non è di questo mondo…..escludendo forse certi maghi africani delle tracce…Ma sbagliano anche loro!

Lo stesso vale quindi per il “tracking”: visionare tante e tante tracce diminuisce progressivamente il margine di errore, non lo azzera, è vero, tuttavia, i progressi saranno entusiasmanti.

Proprio in  queste difficoltà e tranelli, e, di conseguenza, nel dover sovente dipanare una matassa intricata, come novelli Sherlock Holmes, sta il bello del “tracciare”.

E’ un esercizio talmente appassionante che, anche per un cacciatore, finisce per diventare la parte più bella della caccia stessa. Mi capita di trascorrere giornate intere, nel bush, a cercare di decifrare, come su un’antica stele, i geroglifici che narrano cosa ha fatto quella mangusta o quel ratele e le sorprese non mancano…e quante “padelle” interpretative!

Dicevo che il tracciare è un’arte. E’ vero. Non che io mi creda un artista; dopo tanti e tanti anni di vita del bush mi ritengo, tutto sommato, ancora un apprendista-stregone. Artisti, anzi, maghi, sono alcuni degli Abantu ukuthi balandela izinyawo, i lettori di tracce, Zulu e Shangane, che mi hanno fatto e mi fanno ancora  da maestri. Una cosa che mi ha insegnato il continente Africano è un po’ di umiltà: più trascorri gli anni sul suo suolo, nelle sue boscaglie e più accumuli esperienza, tuttavia ti rendi conto ogni giorno di più, proprio accumulando esperienza, che hai ancora tanto, ma tanto da imparare.

Per quanta soddisfazione mi dia, oggi, il saper seguire le tracce di un animale da solo, con una certa sicurezza, spesso facendo da guida ad amici, rimango ancora allibito ed incredulo nel vedere il mio tracciatore che segue il percorso capriccioso di un kudu o di un leopardo su di un terreno roccioso, compatto come asfalto, o su un tappeto di foglie secche spesso mezzo metro: magia!

Questa è magia, non solo esperienza! E, come ribadirò ancora, non è appannaggio di tutti, neppure tra i neri che vivono in mezzo alla savana: solo pochi eletti, tra loro, raggiungono quella perfezione che distingue un semplice cacciatore, che, ovviamente, sa seguire un animale in condizioni normali, dal maestro, che lo sa fare in qualsiasi condizione, su qualunque terreno e che sa anche dirti cosa pensava l’animale nel momento in cui ha fatto quel passo.

E’ il risultato di una spietata selezione naturale, di secoli di vita e di sopravvivenza nel bush, un patrimonio genetico travasato da ogni generazione di maestri a quella successiva…e nessun tracciatore bianco arriva a tanto, magari ci secca ammetterlo, ma è dannatamente vero!

Un microscopico sassolino spostato, un graffio sulla scabra superficie di una pietra, una foglia un po’ più bagnata, nel materasso di foglie che copre il terreno della foresta, bastano ad uno di questi incredibili maghi delle tracce, a risolvere un puzzle che per un cacciatore o un naturalista “sul campo”, anche per il più bravo “ bwana cacciatore bianco”, è impenetrabile come il mistero della sfinge….

Se a far loro rilevare  e collegare tali evanescentissimi segnali, fino a trasformarli in una precisa mappa di ciò che l’animale ha fatto, sia un innato senso dell’ordine cosmico, che fa rilevare anche il minimo disordine, oppure, più prosaicamente, la fame di nyama, di carne, buona e proteica, resta un mistero, uno dei mille misteri dell’Africa.

Come dicevo,  l’idea di un libro, anziché di un manuale, è nata innanzitutto dal desiderio di cercare di comunicare ad altri che, come me, sentono il richiamo della foresta, siano essi cacciatori, naturalisti o comunque amanti della “wilderness”, le sensazioni che suscita il leggere il grande libro dei segni, la sua “poesia”, ma non solo, è nata anche dalla convinzione che, inserendo fatti, esperienze, errori, aneddoti, forse riuscirò a spiegare il perché, almeno nel mio caso, spesso questa lettura risulta appagante almeno quanto il raggiungere e localizzare un animale, a volte di più ancora.

In apertura ho parlato di tracce e segni lasciati dalla natura, non dagli animali, e questo perché, in effetti, a scrivere la propria storia sul  grande libro, non sono solo gli animali. Anche altri abitanti del bush, per noi inanimati  ma, per gli uomini della boscaglia dotati di un loro spirito e di una loro vita, scrivono le loro storie, e tali storie sono, a volte, così intimamente intrecciate con quelle “ wezilwane”…degli animali, da essere motivo di confusione e di errore.

Umoya, il vento, è un essere vivente, uno spirito, nella cultura Zulu, dotato di vizi e virtù. Può essere benevolo e coprire l’odore del cacciatore che avvicina la preda, ma può diventare capriccioso come “ isifebe esiShona”…una prostituta Shona, come ebbe a dire una volta , stizzito, Nyenyayo, il furtivo, un tracciatore eccezionale, mentre seguivamo le tracce di un elefante, ed il vento cambiava di continuo, rendendo il tutto più pericoloso. Umoya sposta rametti, pagliuzze e persino sassi, disegnando sulla sabbia tracce che puoi scambiare per quelle di un serpente, di un insetto, di uno scorpione.

Imvula, la pioggia, è un essere vivente, e disegna sul terreno, alterando i segni, e creando enigmi nell’enigma, ed  esseri viventi sono pure le gocce o i frutti che cadono da una pianta.

Amanzi, l’acqua, è un essere animato, spesso dispettoso….ho seguito, un giorno, per duecento metri, sul greto di un umfula, una strana traccia, che pareva quella di un grosso varano del Nilo, per scoprire poi che si trattava di un tronco trascinato dall’acqua.  Il grosso fusto aveva galleggiato in un canalino profondo, largo mezzo metro, trascinando con se un tronchetto più piccolo, sulla sua destra, unito ad esso da ramaglia, che aveva strisciato sul fango fresco, ma non sommerso, a lato, lasciando un solco ondulato che pareva, spiccicato, quello lasciato dalla coda di uno di quei lucertoloni. Non solo: il tronco più piccolo era irto di rami, su entrambi i lati, rami flessibili e terminanti in un ventaglio di ramoscelli apicali che, saltellando sulla fanghiglia avevano lasciato intermittenti “impronte” trilobate che riproducevano la zampa del rettile.

Quindi anche i tranelli che madre natura tende al curioso vanno messi in conto e fanno parte del gioco.

Manuali sulle tracce sono di facile reperibilità, scritti in Inglese ed in Afrikaans, principalmente, e quindi il mio libercolo non è certo l’uovo di Colombo, ne’ intende esserlo. Diciamo che l’idea di scrivere il mio libro personale sull’argomento è nata da due considerazioni: la prima è che, accompagnando, per diletto, amici e conoscenti sulle tracce degli animali africani, che si tratti di cacciatori o di appassionati di osservazione della fauna, ho notato che molti non parlano l’Inglese, oppure se la cavano a capire e farsi capire, ma non hanno voglia di leggere un libro scritto in lingua straniera, anche perché, onestamente, libri di carattere scientifico o naturalistico, usano spesso termini che nel linguaggio di tutti i giorni non ricorrono. La seconda considerazione è di carattere più terra-terra e si riassume in una parola: soddisfazione personale.

Bazzicando da trent’anni l’Africa ed avendo trascorso la stragrande maggioranza del mio ..tempo africano nel bush, dietro ai selvatici, era inevitabile che raccogliessi una certa mole di esperienze e di materiale, anche fotografico, inoltre, l’osservazione delle tracce e dei segni che gli animali, piccoli e grandi, lasciano, come firme, sul terreno, sulle piante e per ogni dove, mi ha sempre affascinato. L’osservare attentamente il lavoro dei tracciatori, mi ha fornito nozioni che ritengo preziose e così, via via, mi sono sempre più entusiasmato ed ho cercato di imparare più che potevo su quell’arte difficile ma prodiga di soddisfazioni che è il “tracking”.

Ho parlato, a bella posta, di “arte”, perché un bravo tracciatore è un artista. Di “trackers” o “pisteurs”, in Africa, ne ho conosciuti molti, in tanti anni, ma i “bravi” sono abbastanza rari.                                

 E vorrei, qui, fare un doveroso “distinguo”. Se per tracciare si intende arrangiarsi a trovare delle tracce o a seguire un animale ferito per recuperarne la “nyama”, la carne, i neri, ed intendo quelli che vivono nel bush ( perché quelli cittadini spesso ne sanno ancora meno di un qualsiasi neofita bianco), hanno quel sesto senso che spesso manca agli “occidentali” ed indubbiamente una marcia in più, fornita loro da madre natura in funzione della sopravvivenza, tuttavia, per me, “Tracciare”, con la T maiuscola, è un’altra cosa ed è dote di pochi.

Il vero tracker o, come dicono i popoli di ceppo Zulu, Umlandeli wezinyawo, ha una dote in più: la passione.

Ho conosciuto uomini che hanno rifiutato una vita più comoda ed un salario più alto, per continuare a seguire, nella boscaglia, i selvatici, e tali artisti sono ricercatissimi, ovviamente, dai cacciatori e dagli studiosi della fauna. Mentre l’abitante del villaggio sperduto nella savana è interessato semplicemente ad impadronirsi di un animale, qualunque esso sia, purché commestibile, l’Umlandeli wezinyawo è un pozzo di scienza ed un detective. A lui interessa capire cosa è successo in un dato posto, leggendo ed interpretando quel libro appassionante ma ostico e di difficile traduzione, zeppo di trabocchetti ed enigmi, che è il terreno del bush, della savana, della foresta. La sfida che lo appassiona, soprattutto se accompagna un Umlungu umzingeli, un bianco, spesso un cacciatore, che goda della sua fiducia ( non dimentichiamo che seguire certi animali può costare la pelle se non si sta attenti) è portarlo sull’animale giusto, quello che si sta cercando e non uno qualsiasi, rintracciare quel determinato elefante, seguendone ed individuandone le tracce tra quelle di un intero branco.

 

Quanto riportato qui sopra é la prefazione del libro e, di seguito, riporto solo qualche foto...in ordine sparso.

 

 

I felini

 

Le tracce dei felini recano sul pad o cuscinetto posteriore due caratteristiche indentature, che dividono il margine posteriore in tre curve.

Altre tracce

Altre tracce

bush school