Serpenti africani, pericolosi e no. Altri rettili.

(Le fotografie si trovano a fondo pagina)

Lasciando da parte il  pitone africano, rettile che, insieme ad alcuni grandi costrittori di altre parti del mondo, pur non possedendo un apparato velenifero, può rappresentare una minaccia seria e reale, quando si parla di serpenti pericolosi, a tutti vengono immediatamente  in mente quelli dotati di veleno. Al di là di quella atavica attrazione-repulsione che tali esseri esercitano da sempre sul genere umano, penso sia interessante, e non solo per chi si occupi di erpetologia, saperne un po’ di più su quanto c’è di vero e quanto di esagerato nel timore suscitato da queste, per certi versi, misteriose ma affascinanti creature.

Se l’interesse per il serpente può essere una forma di mera curiosità per molte persone, che li guardano nei documentari o che li ammirano in un rettilario, magari con una punta di pelle d’oca nell’immaginarsene uno nel proprio letto, credo che per un cacciatore o per un escursionista avventuroso, anche per quello che i serpenti proprio li detesta, sia importante avere le idee abbastanza chiare su cosa i serpenti siano in realtà e sua quale sia il pericolo effettivo rappresentato da loro. In modo particolare, coloro che si recano in paesi tropicali o dove comunque siano presenti serpenti veramente pericolosi, come in Australia, tanto per fare un esempio, e che intendono frequentare il bush o comunque zone al di fuori delle città, dovrebbero avere qualche nozione di base su cosa aspettarsi, e questo con un duplice fine: non rovinarsi inutilmente una vacanza, aspettandosi, da un momento all’altro, di morire avvelenati, e non rovinarsela seriamente invece commettendo un’imprudenza o una leggerezza.

Quindi, credo che la prima cosa da fare sia farsi un’idea abbastanza veritiera del problema, e cioè: io, che sto per partire per un safari in Africa, o per il Nord  America, o per l’Asia o per vattelapesca, che probabilità ho di farmi mordere? E in tal caso, quante probabilità ho di lasciarci la buccia?

In linea di massima, direi ben poche, ma questo non autorizza a rimuovere il problema dal subconscio, facendo finta che i serpenti non esistano.

I serpenti esistono ed amano sovente gli stessi posti che piacciono al cacciatore, al pescatore o all'aspirante esploratore....boschi e foreste, savane e pietraie di montagna, praterie e sterpeti e non bisogna stupirsi troppo di trovarli anche dove non ci si aspetterebbe, su di una spiaggia, tanto per fare un esempio, o su un campo da golf.

Se volessimo addentrarci nelle statistiche, forse ci sarebbe da rimanerne un pò traumatizzati.

Come mai? Se consideriamo che i morti per attacchi di squali sono relativamente rari, nonostante il numero di persone che sguazzano nei vari mari del mondo, sia per diletto che per lavoro, quelli per morso di serpente sono invece alcune decine di migliaia all’anno, forse 40000, alcuni sostengono fino a 100000 in tutto il mondo, e, probabilmente, la prima cifra é una stima per difetto, dal momento che molti casi, che si verificano in aree remote, manco vengono a conoscenza di chi stila le statistiche.

Questo cosa significa? Che corriamo dei grossi rischi ogni volta che ci avventuriamo in certi paesi?

No, certamente. Bisogna fare alcune considerazioni, in proposito. Prima di tutto, anche se vogliamo prendere come base una cifra di 50000 morti all’anno, su tutto il pianeta, facciamo mente locale a quanti sono i morti per incidenti stradali ( ricordate che anche ai tropici e nelle regioni più sperdute, muoiono un mucchio di turisti in banali incidenti automobilistici, e, dove il traffico è scarso, suppliscono automezzi a dir poco obsoleti, autisti suicidi, strade in condizioni da campo di battaglia.....). In secondo luogo, occorre tener presente che molte morti “da serpente” si verificano in aree remote, prive di assistenza medica, o comunque lontanissime dal primo ospedale....buona parte di tali infortunati avrebbe potuto essere salvata con una pronta assistenza. Non solo, nelle aree rurali o tribali di tutto il mondo, non è raro che i locali tendano ad affidarsi ad un medico tradizionale, sia esso un Curandero del Mozambico, un Brujo dell’Amazzonia, un isangoma e via dicendo, e questo in parte per la mancanza di strutture ospedaliere, ma anche, e non è raro caso, per una certa diffidenza nei confronti della medicina ufficiale... Beh, alcuni trattamenti di cui sono a conoscenza, non mi spingerebbero ad affidarmi in tutta serenità ad uno stregone o ad un inyanga, però non manca chi giura sull’efficacia di certi rimedi. Molte persone trattate con la medicina tradizionale per morso di serpente sopravvivono e sono proprio costoro che, anche in futuro, mai si affideranno ad altri che non sia il  loro salvatore. Amando l’Africa, non posso negare che la medicina tribale abbia, talvolta, dei rimedi più che validi, ma sulla loro efficacia nei morsi di serpente ho delle riserve notevoli.

Perchè? E ancora,  perchè molti di questi poveretti guariscono perfettamente?

Prima di tutto perchè molti vengono morsi da specie assolutamente innocue ma ritenute mortali ( è il caso del serpente comune d’acqua africano, assolutamente innocuo ma ritenuto spesso letale), ed è ovvio che il merito per l’essere sopravvissuti, andrà a chi ha trattato il caso ed ai suoi portentosi farmaci e amuleti, ma non solo. Non tutti sanno che, anche nei casi documentati di morso inferto da una specie sicuramente velenosa e anche potenzialmente letale, solo una parte di pazienti riporta un vero avvelenamento.

Come mai questo mistero? Beh, non è un mistero.

Tutti i serpenti dotati di ghiandole velenifere e di un apparato per l’inoculazione, hanno il pieno controllo della quantità di veleno che iniettano. In altre parole, è il rettile che decide, caso per caso, se e quanto veleno iniettare. Dal momento che l’uomo non può essere una preda per nessuna delle  varie specie di serpenti velenosi, il morso è, generalmente, la reazione di difesa o di avvertimento ad una supposta minaccia. Per questo motivo, la maggior parte dei serpenti somministra con una certa frequenza i cosiddetti “dry bite” o morsi“ asciutti”, in cui, alla penetrazione di una o di entrambe le zanne nei tessuti della vittima, non fa seguito la contrazione dei muscoli che “spremono” le ghiandole velenifere, che altro non sono se non delle ghiandole salivari altamente specializzate. In altri casi l’emissione di veleno avviene, ma in dosi bassissime, perchè l’animale non ha ritenuto necessario inoculare una dose piena, in altri ancora, come avviene con una certa frequenza per certe specie di cobra, il rettile colpisce l’intruso a bocca chiusa. E’ chiaro che non esiste una regola, e lo stesso animale che, la volta scorsa, ha inferto un “dry bite”, questa volta può decidere, magari perchè più irritato o spaventato, di rifilare una dose letale, o magari, per sovrammercato, di mordere ripetutamente ( vezzo tipico del black mamba e dei Taipan australiani).

In tutti i casi, un pastore che sia stato morso da un cobra, che non ha iniettato veleno, curato con la medicina tradizionale, si convincerà che, al confronto, la medicina degli abaLungu, dei bianchi, è una ciofeca.....e perchè diavolo dovrebbe correre per 200 Km, la prossima volta, per portare il figlio, morso a sua volta, fino alla cittadina più vicina?

Per completare il discorso dei morsi senza o con scarsa sintomatologia, vi sono alcune eccezioni. Il mamba nero, ad esempio, ed il Cape cobra (naja nivea), lo fanno molto di rado. Forse la causa va ricercata nell’estrema irritabilità di questi animali, forse anche nel fatto che il loro veleno neurotossico è letale, per un uomo adulto, nella quantità di soli 10 o 15 mg. (...ed un mamba può iniettare 200 mg.) , il che fa si che un morso asciutto sia abbastanza raro. Altra eccezione da tener presente riguarda le cosiddette aggressioni non provocate. Nella stragrande maggioranza dei casi, un serpente, anche il più nervoso, tende ad evitare l’uomo, percepito come una minaccia, per cui anche quelle aggressioni che paiono immotivate sono causate, spesso, dall’aver, pur inavvertitamente, messo l’animale in una situazione che lui riteneva pericolosa per se stesso. Tuttavia il mamba nero, specie nella stagione della riproduzione, che nell’Africa Australe corrisponde al nostro autunno, è ancor più irritabile e considera l’ingresso di un intruso nel suo territorio una provocazione, cui può far seguito un attacco che parrebbe gratuito. In Asia, il cobra reale (ophiophagus hannah), il più lungo serpente velenoso del mondo, che può superare i cinque metri, è anche l’unico a costruire una sorta di nido, e maschio e femmina montano letteralmente la guardia alle uova, aggredendo chiunque si avvicini, nel periodo dell’incubazione. Episodi come questi alimentano la credenza che certi serpenti vadano in giro a cercare volontariamente persone da azzannare, ed ho toccato con mano che è molto difficile convincere del contrario chi ci crede.

Tornando alle nostre brave statistiche, possiamo vedere anche che la distribuzione della mortalità da morso di serpente è quantomai capricciosa e poco uniforme. L’India è forse la nazione che paga il più alto tributo (qualcuno parla di quindici o ventimila morti all’anno ). Come mai?

 Si tratta di un paese estremamente popolato, con una densità elevata e con milioni di persone che vivono in aree suburbane o rurali ad altra concentrazione di serpenti. Milioni di bambini giocano all’aperto, a piedi nudi, milioni di adulti lavorano nei campi, nella foresta, nelle risaie, coltivano, portano le bestie al pascolo, raccolgono legna, anch’essi a piedi nudi, miliardi di topi infestano le baraccopoli, i villaggi, le farm, le città, e dietro ai roditori arrivano i serpenti, che dei roditori si nutrono. Molti rettili velenosi cercano la loro preda nelle abitazioni, spesso di notte: echidi, cobra, vipere di Russel....Molte persone dormono su giacigli a livello del pavimento, dove è facile, nel sonno, girarsi e finire inavvertitamente su di un serpente a caccia di topi, moltissimi gironzolano tra le abitazioni nel buio della sera, quando i letali Krait (bungarus) sono in cerca di uno spuntino, e, per finire, anche certe tradizioni e credenze religiose, che  considerano certi serpenti, come il cobra (naja naja), sacri, contribuiscono ad accrescere le occasioni di incidente. In altri paesi, il morso di serpente assume le connotazioni di vero e proprio infortunio professionale: in Sud America, piantatori, raccoglitori di caucciù e contadini vengono spesso morsi alle mani o agli arti inferiori dai crotali “ferro di lancia” di varie sottospecie (Bothrops atrox, b.jararaca ecc) o dai “cascavel” (crotalus durissus, il più pericoloso tra i crotalidi a causa del veleno neurotossico e che causa spasso blocco renale), mentre i loro colleghi dell’Asia pagano tributo, nelle stesse circostanze, alle “daboie”(Vipera Russelli), agli echidi, ai trimeresuri .

Alcuni studi su popolazioni di cacciatori-raccoglitori paiono dei bollettini di guerra. Tra gli Yanomamo del Sud America, il 2% dei casi di morte negli adulti risultava imputabile ai morsi di serpente e la percentuale saliva al 5% tra i Waraoni dell’Ecuador ad addirittura ad un terrificante 24% tra gli Kaxinawa del Brasile.

Sempre per quanto riguarda il Brasile, venne stimato che, prima dell’introduzione dei sieri antiofidici, dei circa 20.000 morsi di serpente velenoso  all’anno, quasi un 25% risultava mortale. Negli anni ’70, il numero di casi salì a 50.000 all’anno (forse a seguito di una maggior disponibilità di dati dalle varie regioni) ma la mortalità scese a circa mille decessi all’anno ed ancora più di recente si è parlato di 20.000 morsi e 120 morti all’anno.

Il Brasile è un grande paese, con strutture mediche all’avanguardia e con centri di studio e produzione di sieri di prestigio, ma presenta anche aree enormi e remote dove le popolazioni sono distanti dai centri abitati, ed il morso di un grande crotalide come il Terrore di boschi (Lachesis muta) può uccidere in poche ore.

In uno studio in Nigeria, nella valle del Benue, l’incidenza di morsi risultò di circa 500 casi all’anno ogni centomila abitanti, con un tasso di mortalità sopra il 10%.

Nelle isole di Okinawa e di Amami, in Giappone, l’habu, un crotalide (Trimeresurus flavoviridis), è responsabile di molti incidenti e, in una casistica di nove anni (1962-1970), vennero registrati circa 5.500 morsi con ben 50 decessi.

Negli USA vengono riportati circa 7000 casi all’anno, con 12-15 decessi, sempre all’anno, mentre in Australia, continente che ha il “privilegio” di ospitare più specie velenose che innocue ed alcuni tra i più letali serpenti del mondo, i casi sono da 1000 a 2000 all’anno con soli tre o quattro decessi.

Abbiamo visto che, in molti casi, un’alta incidenza di attacchi all’uomo è collegata ad attività lavorative, nei campi, nelle risaie, in foresta, a questi potremmo aggiungere un certo numero di incidenti “professionali” o “semiprofessionali” che hanno assunto un’importanza non proprio marginale e che pongono, talvolta, problemi aggiuntivi. Erpetologi professionisti e dilettanti maneggiano rettili velenosi che, talvolta, non sono presenti allo stato naturale in quel paese; si tratta dei cosiddetti “esotici”, non nel senso di tropicali, ovviamente, ma nel senso di “alieni o esteri”. Per fare un esempio, il morso di una nostrana vipera aspis , che non ci sogneremmo di considerare esotica, riportato da un collezionista in Brasile, sarebbe comunque “exotic”. Questi incidenti possono causare seri problemi...pensiamo solo ad un erpetologo dilettante morso da un mamba a Miami....non è certo probabile che il locale ospedale abbia a pronta disposizione il siero polivalente prodotto in SudAfrica a od al Pasteur, nè che riesca a procurarselo sui due piedi. Vero è che, una volta in respirazione assistita, e trattato in un reparto di terapia intensiva, il paziente può essere tenuto in vita ugualmente, ma si tratta comunque di situazioni critiche.

Infortunio professionale è anche il morso dei serpenti marini , che vedremo in seguito, a danno di pescatori che ancora issano le reti manualmente, mentre, laddove sono subentrati gli argani, la morbilità, cioè la frequenza, è in drastica diminuzione.

Tutto questo sta ad indicare che la percentuale di probabilità di esser morso, bassissima per un turista o un cacciatore che occasionalmente si rechi in zone infestate, sale esponenzialmente per le popolazioni che vivono in tali aree, ma non in maniera uguale per tutti. Sono i più disagiati a farne  le spese maggiori; carenza di calzature, abitazioni fatiscenti, roditori a tonnellate, mancanza di istruzione......inoltre, anche la mortalità e non solo la morbilità sale in questi casi.

Ovviamente, un altro fattore che incide in maniera decisiva sulla mortalità, anche in paesi dove le cure mediche sono più facilmente  accessibili e pronte, è il poter disporre di un aiuto tempestivo....trovarsi  nella organizzatissima Australia, dove vi sono ospedali attrezzati per far fronte a qualsiasi morso di serpente, e venire morsi da un Taipan in una remota area del Queensland, magari a quattro ore di marcia dal luogo dove si è lasciata l’auto, sicuramente non mette in condizioni migliori del venir morsi da un cobra nel bel mezzo della “brousse” dell’Africa equatoriale. Possiamo dire quindi che il pericolo serpente esiste ed è reale, e che chiunque si rechi in zone a rischio deve essere conscio e prudente (vedremo poi quali sono le misure precauzionali), specie se soggiorna nel bush, nella foresta, in tenda, in capanne, e che è anche opportuno avere qualche nozione di cosa fare e non fare nel disgraziato caso di un morso.

 

 

COS’E’ UN SERPENTE VELENOSO?

 

 

Il serpente è un rettile con caratteristiche particolari e non, come parrebbe, una “lucertola priva di zampe”. In realtà esistono lucertole senza zampe, come il nostrano e conosciutissimo orbettino o serpente di vetro, così chiamato per la facilità con cui lascia la coda tra gli artigli di un micio in caccia o di un ragazzino. Gli Anguidae, o serpenti di vetro, gli Scinchi senza arti, alcuni gechi senza zampe (Pygopodidae), si differenziano, nonostante l’aspetto, dai serpenti, per una serie di caratteri, come la presenza di orecchio esterno, la mancanza delle larghe squame ventrali tipiche dei serpenti e la presenza di palpebre.

La loro anatomia e fisiologia sono molto particolari e specializzate.

I serpenti respirano con un apparato polmonare, anche se alcune specie marine possono aumentare la loro autonomia sott’acqua assorbendo anche parte dell’ossigeno da quest’ultima, ma il loro sistema respiratorio si è evoluto in maniera diversa da quello dei mammiferi.

La prima grande differenza la troviamo già a livello della cavità buccale: dovendo ingerire intere prede di diametro spesso maggiore del loro, cosa permessa dalla lassità dei legamenti che uniscono la mandibola al mascellare superiore, rischierebbero di soffocare, ma l’evoluzione ha pensato anche a questo. Così, la lingua è praticamente collegata alla glottide e l’imbocco delle vie respiratorie appare come un “tubo” che può essere estroflesso durante l’ingestione di una preda, come lo snorkel di un sub. Fa seguito la trachea, che porta l’aria al polmone destro, l’unico funzionante, che è molto allungato, potendo arrivare, in alcune specie, fino alla cloaca. Tuttavia non tutto il polmone assorbe ossigeno: gli alveoli, deputati a questa funzione vitale sono più numerosi nella parte anteriore, e la parte distale può servire da riserva d’aria o come “strumento” di dissuasione, permettendo all’animale di aumentare il suo diametro e di emettere sonori sibili.

Il loro sistema digestivo è “progettato” per consentire l’ingestione e la digestione di prede intere, mancando del tutto un sistema masticatorio. Esofago e stomaco sono incredibilmente elestici e dotati di potente muscolatura, le cui contrazioni aiutano la progressione del..boccone e il “rimescolamento” che consente ai potenti succhi gastrici di digerire la preda.

Il sistema riproduttivo può essere, a seconda delle specie, oviparo od ovoviviparo.

I serpenti ovipari depongono uova, che poi si schiudono all’esterno, mentre, nelle specie ovovivipare, la femmina trattiene le uova fecondate nell’ovidutto, dove “crescono” e solo quando l’embrione è formato le espelle, ed ecco perchè, più che vivipari ( donde il nome vipera) è corretto parlare di ovovivipari. In questo secondo caso, le femmine “gravide” necessitano di molto calore e, nell’ultimo periodo, non si nutrono, in quanto l’apparato digerente è compresso dalle uova.

Distinguere tra maschio e femmina, in un serpente, è talvolta abbastanza facile, se esistono spiccati dismorfismi sessuali, ma più sovente richiede una accurata....visita ginecologica.

Maschio e femmina posseggono, similmente agli uccelli, una cloaca, cioè un orifizio attraverso cui espellono feci ed urine ( le fatte hanno un aspetto particolare, oblunghe e con cappuccio bianco, creato dal deposito degli acidi urici delle urine) e anche le funzioni riproduttive sono associate alla cloaca.

La cloaca è come una tasca, nel cui fondo si apre l’intestino, ma, ai lati di quest’ultimo, si aprono le invaginazioni degli organi sessuali. Per determinare il sesso di un ofide, si usano delle sonde graduate, delle semplici astine ,tipo quelle per misurare il livello dell’olio nel motore della vostra auto, che, spalmate di vaselina, vengono introdotte delicatamente in direzione dell’apice della coda.

Nei maschi, dette cavità sono molto più profonde che nelle femmine.

Il maschio possiede una coppia...beato lui, di organi coulatori, che vengono detti emipeni, anche se impropriamente, che fuoriescono solo al momento dell’accoppiamento, e che sono quindi solitamente non visibili.

Tra i serpenti, animali predatori per eccellenza, alcuni hanno sviluppato un’arma chimica che ha molteplici funzioni: il cosiddetto veleno. Tali sostanze, o meglio composti, sono delle salive altamente modificate e specializzate che non hanno, ovviamente, solo la funzione di spedire al creatore l’eroico esploratore di turno o il cattivo del film-tormentone d’avventura. In realtà, tale composto è, si, un’arma, usata per catturare la preda e per difendersi dai predatori, ma ha anche importanti funzioni digestive, nel senso che, in molti casi, gli enzimi in esso presenti, iniziano la digestione della preda prima ancora che venga ingerita e, una volta nello stomaco dell’animale, facilitano la dissoluzione degli organi più ingombranti, duri o problematici.

Come arma, i differenti veleni hanno un range di azioni estremamente vasto, e la combinazione di diversi “effetti” rende i veleni di specie tassonomicamente simili molto diversi tra loro.

In effetti molti veleni, pur se studiati, hanno ancora lati oscuri e, per contro, il veleno di certe specie è poco studiato in assoluto, e questo è un peccato, anche perchè molte di queste sostanze contengono principi attivi che potrebbero risultare utilissimi per la medicina, anche se, a dire il vero,molti sono già utilizzati a scopo farmacologico. La suddivisione per tipi ed azione dei veleni sarà, di conseguenza, abbastanza schematica e, come vedremo, ci saranno eccezioni anche clamorose.

 

Delle 3000 specie circa di serpenti conosciute, circa 500 appartengono alle tre famiglie di serpenti considerati velenosi: Viperidi, Atrattaspidi ed Elapidi. Una volta le famiglie di serpenti velenosi erano quattro: Viperidi, Crotalidi (ora assimilati ai viperidi), Elapidi ed Idrofidi o Idropinae (ora assimilati agli elapidi), mentre gli atrattaspidi erano considerati viperidi.

Tuttavia, in realtà, vi sono altri serpenti velenosi.

La famiglia dei Colubridi , un tempo considerati tutti innocui, famiglia cui appartengono le nostre miti biscie dal collare, comprendono sia serpenti privi di apparato velenifero, alcuni dei quali costrittori, sia molte specie velenose, anche se, la maggior parte di queste, dotata di veleno o apparato di inoculazione, innocuo per l’uomo. I serpenti velenosi di questa famiglia sono opistoglifi, cioè dotati di zanne del veleno poste molto indietro nel mascellare, cosa che li costringe spesso a “masticare” sulla preda per poter inoculare il veleno, a differenza dei Viperidi che sono Solenoglifi, (dotati di zanne scanalate poste nella parte anteriore del mascellare superiore e ripiegabili sul palato) e degli Elapidi, che sono Proteroglifi (con zanne velenifere poste anteriormente nel mascellare superiore ma non ripiegabili e quindi più corte).

Un tempo, come dicevamo, gli appartenenti a questa grande famiglia venivano creduti tutti innocui, ma poi si scoprì, a seguito di alcuni drammatici casi, che alcune specie sono pericolose. Piu’ di trenta specie possono causare seri avvelenamenti e cinque di esse sono o possono essere mortali.

Due tipici esempi sono il Boomslang (dispholidus typus) o serpente degli alberi ed il Twig snake (thelotornis capensis e thelotornis Kirtlandi) o serpente ramoscello dell’Africa, e la loro pericolosità venne clamorosamente svelata, se ben ricordo, da un paio di incidenti mortali che coinvolsero degli erpetologi. In realtà, questi serpenti vennero a lungo considerati innocui da tutti, sebbene fossero ben noti, per una combinazione di fattori. Sono due rettili arboricoli, che vivono gran parte della loro esistenza sugli alberi, cacciando soprattutto camaleonti, agame ed uccelli, sono timidi e poco aggressivi e per nulla inclini a mordere, talvolta anche se catturati (senza ferirli), e devono “masticare” per inoculare veleno. Gli Afrikaners li conoscevano bene (Boomslang in Afrikans significa serpente degli alberi), e tuttavia li credevano del tutto non pericolosi, nella loro pragmaticità, perchè non causavano incidenti, e, d’altra parte, chi li andava a cercare? A quei tempi i Boeri avevano altre priorità per la testa che arrampicarsi sulle piante per dedicarsi all’erpetologia. In effetti, la gran maggioranza dei morsi inferti da queste specie coinvolge chi li cattura o maneggia per lavoro o per diporto.

Molti altri colubridi ( ve ne sono anche in Italia) sono dotati di veleno ma il loro morso causa sintomi lievi o non ne causa affatto.

Le tre famiglie di cui parlavamo prima (viperidi, elapidi e atrattaspidi) comprendono invece solo specie velenose, circa 500 specie, di cui circa duecento hanno causato la morte di esseri umani. Anche a queste famiglie appartengono poi rettili velenosi quasi innocui, vuoi per le dimensioni, vuoi per la composizione del veleno.

 

 

L’ARMA DEI BORGIA

 

 

Per dare un’idea dell’azione dei vari veleni e di cosa ci si può aspettare nel malaugurato caso di un morso, possiamo innanzitutto fare una grossolana suddivisione schematica delle principali azioni che tali sostanze esercitano sull’organismo.

 

TUMEFAZIONE ED EDEMA (fuoriuscita di plasma, cioè della frazione liquida del sangue, senza cellule, globuli rossi e bianchi): tale effetto è dovuto ad un aumento della permeabilità dei capillari.

I veleni di molti serpenti contengono principi che provocano tali sintomi, ma sono soprattutto quelli dei Viperidi ( e quindi anche dei crotalidi) che causano gli edemi più imponenti. In particolare, la vipera di Russel, uno dei più temuti avvelenatori dell’Asia, di molti crotalidi, tra cui alcune specie di serpenti a sonagli Nordamericane e crotali senza sonaglio del Centro e Sud America, possono causare anche edema polmonare mortale. Tra le relativamente poco pericolose vipere italiane, la Vipera berus, meglio conosciuta come marasso palustre, è quella il cui veleno ha una maggiore azione edemigena ed è forse la vipera che ha causato più morti da noi e nel Nord Europa.

Tra gli elapidi, famiglia in cui prevalgono i veleni neurotossici, alcuni hanno azione edemigena scarsa o assente, come il mamba nero (dendroaspis polylepis), mentre certi cobra, il cobra reale, i cobra sputatori, alcuni elapidi australiani, accanto all’effetto sul sistema nervoso, provocano tumefazione della zona colpita.

 

NECROSI E GANGRENE. Sono le citotossine (sostanze tossiche per le cellule) quelle responsabili, soprattutto nel morso dei viperidi e dei cobra sputatori, di necrosi e gangrene.

La necrosi è il risultato di un’ischemia, cioè di un ridotto o mancato arrivo di sangue e quindi di ossigeno ai tessuti. Le cellule muoiono e vanno letteralmente in putrefazione, causando spaventose ulcere maleodoranti e mutilazioni. Non solo, il riassorbimento di sostanze tossiche derivanti dal disfacimento dei tessuti, può causare shock settico e blocco renale, con conseguente decesso.

Tali morsi (viperidi, crotalidi, cobra sputatori) sono estremamente dolorosi, a differenza di quelli causati da elapidi con veleno  a prevalente azione neurotossica.

 

AZIONE MIOTOSSICA. E’ l’azione distruttiva sul tessuto muscolare. Le stesse citotossine causano necrosi dei muscoli, al pari di altri tessuti, ma certi serpenti posseggono, nel loro veleno, delle miotossine specifiche, proteine, di cui molte note come fosfolipasi, che aggrediscono la cellula muscolare, che va incontro a necrosi (rabdomiolisi). Le implicazioni della massiva necrosi muscolare sono estremamente gravi, al di là dei violenti dolori muscolari: le urine divengono scure per la comparsa della mioglobina in esse (mioglobinuria) ed il paziente può andare incontro ad insufficienza renale acuta e shock, spesso mortale.

Tipicamente, molti serpenti marini hanno un veleno miotossico, oltre che neurotossico, e pure diversi elapidi australiani hanno questa letale combinazione di effetti, ma anche certi viperidi. La già citata Vipera di Russel, o daboia, deve la sua sinistra reputazione non solo all’indole aggressiva, al fatto di essere comune in aree abitate ed all’abitudine, comune a molti viperidi, di immobilizzarsi e fidare sul mimetismo, ma ad un veleno oltremodo complesso che causa, oltre alla necrosi, edema polmonare, rabdomiolisi e pure emorragie. Tornando all’Italia, nel suo piccolo anche la Vipera berus ha questa brutta particolarità...veleno edemigeno e pure, in misura minore, miotossico, anche se le dosi sono più modeste. Tra i crotalidi, in particolare il cascavel (crotalus durissus), comunissimo in Centro e Sud America e causa di numerosi incidenti mortali, possiede miotossine nel proprio arsenale.

 

AZIONE CARDIOTOSSICA. Il cuore è un muscolo, per cui i veleni miotossici possono danneggiare anche le fibre muscolari di quest’organo, inoltre, le neurotossine provocano squilibri elettrolitici che possono agire su di esso, ma certi serpenti posseggono, nel loro arsenale ninja, anche delle cardiotossine,che agiscono elettivamente sul muscolo cardiaco, delle armi, come dire, che colpiscono al cuore.

 

IPOTENSIONE E SHOCK. La caduta di pressione ed il conseguente shock possono essere il risultato di numerosi fattori.

Sostanze specificatamente vasoattive, che provocano dilatazione dei vasi sanguigni sono presenti, ancora una volta in V.berus e V.di Russel, oltre che in crotalidi Sudamericani come i Lachesis muta o terrore dei boschi o Bushmaster e nei vai Bothrops (ferri di lancia).

Ma lo shock può derivare da molti altri fattori (incluso lo spavento): emorragie ed edemi, con fuoriuscita di plasma o sangue dal circolo e conseguente caduta della pressione arteriosa, shock renale, shock cardiogeno, causato da cardiotossine e via dicendo.

 

EMORRAGIE. Molte vipere e crotali posseggono sostanze emorragizzanti, così come alcuni elapidi dell’Australia e soprattutto i pericolosi colubridi di cui abbiamo parlato prima, boomslang e twig snake. Sanguinamenti anche imponenti possono verificarsi a carico di ogni organo:  dal naso (epistassi), dalle gengive, ma anche emorragie intestinali e degli organi interni, che possono condurre a shock ipovolemico e decesso. Talora, se si è sfortunati, ed anche a seguito di avvelenamento causato da una specie ritenuta poco pericolosa, una emorragia cerebrale, anche modesta, può risultare fulminante.

 

AZIONE SUL SISTEMA NERVOSO. La tossicità sul sistema nervoso è tipica della maggior parte degli elapidi (cobra, mamba, kraits, taipan, serpenti bruni australiani ecc.), ma anche qui esistono eccezioni. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, queste tossine non agiscono generalmente sul sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) ma su quello periferico (nervi).

I sintomi di neurotossicità più importanti consistono nel blocco della trasmissione degli impulsi nervosi a livello della placca motrice, cioè là dove il nervo motorio, che porta l’ordine di contrarsi al muscolo, dal cervello, si interfaccia col muscolo stesso. Questa, chiamiamola, connessione è la sinapsi. Il potenziale elettrico del nervo provoca la liberazione di sostanze come l’acetilcolina, dei veri trasmettitori chimici che, liberati dall’impulso, attraversano la sinapsi e vanno ad “agganciarsi” ai recettori presenti sull”interfaccia” muscolare, portando l’ordine di contrarsi. Certi veleni bloccano questo tipo di trasmissione a livello presinaptico, ovvero inibiscono la liberazione di dette sostanze, altri la bloccano a livello postsinaptico, impedendo alla sostanza “messaggero” di agganciarsi ai recettori. Per fare un esempio pratico è come se una nave dovesse portare le munizioni ad un reparto che combatte su un’isola. Il nemico, può impedire alla nave di lasciare il porto, oppure, semplicemente, impedirle di attraccare al molo d’arrivo...il risultato sarà lo stesso: totale paralisi del reparto.

Le tossine presinaptiche,che impediscono la “partenza della nave”, possono essere di due tipi: fosfolipasi A, sostanze che impediscono la liberazione del mediatore chimico, come la crotossina del Cascavel o crotalus durissus del Centro e Sud America, o la taipossina del taipan Australiano, che vedremo in seguito, e sostanze che bloccano i cosiddetti “canali del Calcio”, come le dendrotossine dei mamba africani.

Agiscono a livello postsinaptico (impedendo l’attracco), invece, tossine come la alfa-bungarotossina presente nel veleno del bungaro cinese (bungarus multicinctus). Questa seconda categoria di sostanze è detta ad azione curaro-simile, ma, contrariamente al curaro, usato dagli indios dell’Amazonia per avvelenare i dardi delle loro cerbottane, il cui legame coi recettori può venire sciolto abbastanza facilmente con l’uso di un antagonista (la fisostigmina), la bungarotossina si lega in maniera molto più stabile e questa caratteristica, oltre ad essere funesta è tornata anche utile, in neurofisiologia, per capire come funzionano i recettori.

La paralisi che ne consegue potrà essere parziale o totale, coinvolgere solo certi gruppi muscolari o quasi tutti, ma generalmente la morte sopravviene per paralisi dei muscoli respiratori e conseguente asfissia, per cui è importante sapere che la respirazione artificiale può, in molti casi, salvare la vita ad un infortunato, in attesa dei soccorsi.

Sintomi prevalentemente neurologici sono causati dalla maggior parte di specie di cobra, se si eccettuano i cobra sputatori africani (naja mossambica, naja nigricollis, naja candida ecc.) che hanno veleno ad azione più simile a quello delle vipere, mentre pare che gli “sputatori” asiatici, accanto all’effetto citotossico, posseggano anche proprietà neurotossiche più potenti. I mamba (4 specie) africani, i bungari o kraits dell’Asia, gli elapidi australiani, i serpenti marini, i serpenti corallo americani, tutti possiedono veleni neurotossici, anche se in alcuni casi associati a tossine ad azione diversa.

Accanto agli elapidi, però, anche molti viperidi (vipere e crotali), possiedono neurotossine accanto ad altri principi attivi che già abbiamo visto.

Il già citato Cascavel (crotalus durissus) provoca necrosi, edema, gangrene ma anche sintomi a carico del sistema nervoso e renale e così pure alcuni crotalidi privi di sonaglio dell’Asia (Gloyidius, Agkistrodon brevicaudatus), sottospecie della Vipera di Russel della parte meridionale dell’India e di Sri lanka, e, in misura molto minore, alcune piccole vipere africane (bitis caudalis e bitis peringuey). Un’altra vipera della parte meridionale dell’Africa, la berg adder (in Afrikaans, vipera delle montagne) o bitis atropos, possiede un veleno con un’azione curiosa. Il morso di questa piccola, irritabile vipera, ha un’azione elettiva sull’innervazione dei muscoli faciali, e causa quindi ptosi (paresi delle palpebre), del nervo faciale, dei muscoli oculomotori, tutti sintomi che sono presenti ( e anzi i primi sintomi) anche dei gravi avvelenamenti di elapide, preludio al conseguente e ben più serio coinvolgimento di altri gruppi muscolari, ma che, in questo caso, si limitano spesso al viso e regrediscono, generalmente, in qualche giorno.

Sempre a questo proposito, è interessante notare che l’azione neurotossica del veleno degli elapidi è, generalmente, sempre reversibile, una volta esauritosi l’effetto, mentre un’eventuale necrosi, o  un danno renale, causati da veleni citotossici o miotossici, possono, se non correttamente trattati, lasciare conseguenze anche permanenti. Parrebbe incredibile, ma la paresi respiratoria causata da un morso di elapide letale, può risolversi sia  a seguito di somministrazione di siero specifico, sia, in assenza del siero stesso, spontaneamente, nell’arco di qualche giorno, se il paziente è stato, ad esempio, tenuto in vita con respirazione assistita, quando l’azione di blocco sinaptico si sia esaurita (non é comunque una regola assoluta su cui fare affidamento).

 

Facciamo, ora, una breve carrellata di alcune delle specie di serpenti velenosi dei vari continenti.

 

AFRICA

 

In questo continente vi sono serpenti velenosi appartenenti alle famiglie degli elapidi, viperidi, atrattaspidi e colubridi e proprio da alcuni colubridi (solitamente serpenti dotati di veleno non pericoloso per l’uomo) dell’Africa vennero, in passato, delle sgradite sorprese e da questi comincerei la rassegna.

 

COLUBRIDI

 

Fino agli anni ’50 alcuni serpenti arboricoli opistoglifi, dotati cioè di denti del veleno posti posteriormente nel mascellare superiore, erano considerati innocui. Gli Afrikaners conoscevano bene il boomslang (serpe degli alberi) ed il twig snake (serpente ramoscello), ma, vuoi per la loro natura timida, vuoi per il fatto che vivono sugli alberi, non ne conoscevano la potenza del veleno. Inoltre, la forma poco specializzata delle zanne e la loro posizione obbliga questi ofidi a mantenere la presa ed a “masticare” per inoculare una dose significativa di veleno, e se il malcapitato riesce ad allontanare tempestivamente la bocca dell’animale, prima che questi abbia potuto inoculare una dose efficace, il morso può rivelarsi “asciutto” e senza conseguenze.

Queste convinzioni trovarono drammatica smentita dopo incidenti mortali occorsi a persone che maneggiavano rettili per lavoro e da allora si scoprì che, in effetti, il loro veleno è tra i più potenti, anche se ad azione spesso più lenta di quella di altri rettili.

 

Boomslang (dispholidus typus)

Il boomslang è un robusto serpente arboricolo che gli Zulu chiamano inyoka yemthini, che misura generalmente da un metro a un metro e mezzo ma che può raggiungere i 2 metri, strettamente legato alla presenza di alberi e cespugli dove trascorre la maggior parte della sua esistenza.

E’ specializzato nella caccia a lucertole e camaleonti, anche se non disdegna uccelli e nidiacei, che avvicina con piccoli e cauti spostamenti lungo i rami. Preda anche uova, che inghiotte intere, e, talvolta, raganelle arboree.

Occupa vari habitat, purchè ricchi di vegetazione, dalle aree costiere di fynbos ( una sorta di macchia mediterranea del SudAfrica che deve lo strano nome ad una contrattura di “fine bush” o boscaglia attraente, per le infiorescenze multicolori) al bush spinoso, alla foresta umida, ma è assente dalla parte occidentale del SudAfrica adiacente al deserto del Kalahari e da parte della Namibia, dove è presente solo nelle zone più settentrionali e meno secche (Etosha e Caprivi). E’ comune anche in Zimbabwe, e Botswana. Animale diurno, scende a volte sul terreno per spostarsi ad un’altra macchia di alberi o, a volte, per insidiare una preda, ma si affretta a riguadagnare la sicurezza dei rami, dove è estremamente difficile scorgerlo, per il suo perfetto mimetismo.

La colorazione è quella più variabile tra i serpenti africani. I giovani sono spesso marroni o grigi dorsalmente, con picchiettature azzurre, mentre la gola è gialla o bianca o arancio ed il ventre giallo o chiaro macchiato di scuro. L’occhio, enorme, è color verde smeraldo, brillante.

Quando l’animale raggiunge il metro di lunghezza, generalmente i colori cambiano. Le femmine tendono sovente ad essere marroncine, sempre con ventre più chiaro, mentre i maschi possono presentare diverse livree, più vivaci. Alcuni sono verdi con bordo delle squame nero, che dona loro un aspetto reticolato, altri completamente verdi, altri marrone scuro o neri, con ventre giallo, ed infine vi sono esemplari color rosso mattone.

La testa corta ed ottusa con l’enorme occhio rendono questo serpente difficilmente confondibile, anche se spesso vedo che molte persone lo confondono con l’innocuo  spotted bush snake, anche perchè quest’ultimo assume a volte comportamenti di minaccia simili al boomslang, gonfiando il collo ed ergendo la parte anteriore del corpo.

Il grandi occhi ed il muso corto permettono a questo rettile una visione frontale e binoculare, in grado di misurare molto meglio la distanza di una preda, e questo fa si che la sua vista sia di molto superiore a quella della maggior parte degli altri serpenti.

L’indole non è per nulla aggressiva ed i casi di morso coinvolgono generalmente chi maneggia serpenti.

Il veleno è potentissimo, ad azione emorragizzante, ma solitamente ad azione ritardata, sicchè possono trascorrere ore tra il morso e la comparsa di emorragie che possono coinvolgere organi interni. Esiste un siero specifico monovalente.

 

Telotornite o twig snake o serpente ramoscello (genus thelotornis)

Vi sono alcune sottospecie di questo esile serpente arboricolo.

Thelotornis capensis capensis

Un pomeriggio, mentre ero seduto nel blind ad aspettare un leopardo, ingannavo il tempo guardando un piccolo camaleonte che, immobile su uno dei rami che costituivano l’ossatura del mio riparo, aspettava, probabilmente, l’arrivo di un ignaro insetto, e già immaginavo la “fucilata” della vischiosa lingua del rettile che, con una precisione da bench rest,  avrebbe colpito la preda. Ad un tratto, il colore dell’animaletto, che era, in quel momento, sul verde pallido, cominciò a mutare repentinamente ed io non ebbi il tempo di domandarmi perchè. Intravidi solo un movimento più fulmineo di quello della lingua di un camaleonte, dall’alto verso i basso, e mi ritrovai a fissare la lucertola, la cui testa era sparita nella bocca spalancata di un twig snake ed il cui corpo si contorceva vanamente, appeso come un salame. Il serpente doveva essersi avvicinato lentissimamente, con piccoli scatti in avanti del corpo, mimando i movimenti provocati dal vento sui ramoscelli ed io, che ce l’avevo a non più di un metro di distanza non avevo, come d’altra parte il povero camaleonte, visto assolutamente nulla di nulla.

La sottospecie capensis è la più nota ed è diffusa nel Nord del SudAfrica, specie nella valle del Limpopo e nelle zone contigue al confine con il Botswana, in Botswana ( parte orientale), nel Sud dello Zimbabwe e del Mozambico e nello Zululand.

E’ un serpente estremamente esile ed aggraziato, lungo in media 80 o 90 cm, di colore criptico, simile a corteccia, grigio o marrone, screziato, con punti di nero, arancione e rosa. La testa, allungata, a lancia, presenta, superiormente, colore blu pallido o grigio, macchiettato di scuro ed una banda laterale arancio o color mattone. La lingua è arancione o gialla con punte nere alla biforcazione e l’occhio ha pupilla orizzontale a forma di buco di serratura.

Abita sia zone di savana arbustiva che di foresta e si nutre, come il boomslang, principalmente di lucertole arboricole e uccelli di piccole dimensioni.

 

Thelotornis capensis oatesii

E’ una sottospecie un pò più grande ( fino a 140 cm), con colorazione simile, che abita una fascia che passa attraverso il Caprivi finger, Nord Botswana, Zimbabwe e Mozambico.

 

Thelotornis mossambicanus

Di colore più chiaro, tendente al grigio chiaro o addirittura all’arancione, è diffuso nella metà settentrionale del Mozambico e sui Monti Chimanimani, in Zimbabwe.

 

Thelotornis Kirtlandii

La specie più grossa, potendo arrivare a 160 cm., vive in aree di foresta, più a Nord.

 

Il veleno di questi serpenti ha azione molto simile a quella del boomslang ed uguale pericolosità, tuttavia il siero per il boomslang  non è efficace negli avvelenamenti da twig snake e la vittima va sottoposta a trasfusioni e terapia sintomatica fino a che l’azione del veleno sia smaltita, non esistendo un siero specifico. Anche qui, la morte, nei casi non trattati, sopravviene per gravi emorragie. In caso di morso, tuttavia, l’infortunato ha solitamente il tempo di raggiungere un ospedale attrezzato, poichè anche questo veleno è di solito ad azione lenta.

 

 VIPERIDI

 

L’Africa ospita un nutrito numero di specie di vipere, ma nessun crotalide.

Abbiamo già parlato degli echidi o saw-scaled vipers o carpet vipers ed abbiamo visto che sono tra i maggiori responsabili di incidenti nel Nord Africa ed in  Africa occidentale e, in misura minore, in Africa Orientale, ma in gran parte dell’Africa sub-Sahariana, la palma va alla

 

Vipera soffiante (bitis arietans)

Il puffadder, o pofadder in Afrikaans o ancora Ibululu, in isiZulu e Irhamba in isiXosa, è un massiccio viperide dal carattere particolarmente truculento, che misura in media dai 90 cm. al metro e venti, ma che in certe zone dell’Africa Orientale può arrivare a ben 180 cm. In Tanzania ne trovai un esemplare, di colore rossiccio, che misurava oltre un metro e mezzo, con zanne di tre centimetri di lunghezza, dei veri e propri aghi da iniezione.

Il corpo è tozzo e massiccio, con coda ben distinta, coperto di squame carenate e la testa, distinta dal collo, è larga, con occhio a pupilla verticale posto molto in avanti, vicino all’apice del muso.

Il colore è oltremodo variabile: la tinta di fondo spazia dal nero al rosso mattone, attraverso a tutte le sfumature di marrone, grigio e giallo, con macchie regolari disposte in un motivo che pare il battistrada di un camion o di un trattore. Ho avuto modo di vedere la fotografia di un esemplare di colore uniforme, con una semplice linea scura sul dorso, disposta longitudinalmente, mentre due altri puffadder che trovammo presso la laguna di Knysna (si stavano accoppiando) avevano vivaci alternanze di neri e di verdi.

Sono molto adattabili, quanto ad habitat, evitando solo zone di vero e proprio deserto e la foresta. Si dice che siano assenti anche dalle montagne di una certa altezza, tuttavia, a Ingwe, pur non essendo frequentissime, le ho trovate anche a 1700 metri di quota.

Come il pitone e la viperadel Gabon generalmente si sposta in linea retta, con movimento “da bruco”, lasciando una caratteristica traccia rettilinea, ma se deve porsi in salvo passa al classico movimento serpeggiante.

Animale preferenzialmente notturno, viene incontrato tuttavia anche di giorno, specie nella stagione delle piogge, e caccia all’agguato, fidando su immobilità e mimetismo, e questo la rende pericolosa, perchè, all’approssimarsi di un estraneo, si immobilizza ed è facile calpestarla o posarle un piede vicino. In queste occasioni può o meno avvertire con un soffio sonoro, che pare quello di una gomma che si sgonfi, assumendo la posizione pronta a colpire, come una molla di orologio. La testa viene arretrata sul collo, atteggiato ad esse, un pò rialzata e generalmente con l’apice del muso rivolto obliquamente verso il basso, e, da questa posizione, scatta in avanti con una velocità stupefacente, mentre l’ampia bocca si spalanca a protendere le  zanne quasi orizzontalmente in avanti. Il morso non viene solitamente inferto molto in alto, per cui dei robusti scarponcini a collo alto sono spesso una protezione sufficiente, ma chi giri a piedi nudi o con calzature basse o “da tennnis” è a rischio serio, ed anche pedule alte ma di tela possono essere penetrate dalle lunghe zanne velenifere.

Le sue abitudini, temperamento, grande diffusione, rendono conto del fatto che è il serpente che causa, almeno in Africa Australe, il maggior numero di avvelenamenti seri o mortali, anche se solo una percentuale dei morsi inocula dosi significative di veleno.

Il veleno è prevalentemente citotossico e causa edema imponente, necrosi e gangrene, accompagante da dolori atroci. Compaiono anche emorragie ma l’azione sulla coagulazione non è così importante come nei morsi di echide. Anche in casi di avvelenamento “parziale”, in cui il rettile non inietta una dose letale ma comunque sufficiente, è frequente la perdita di un dito o di una mano, se il trattamento non è corretto e tempestivo. Dalle statistiche cui ho avuto accesso, su 100 casi di morso si ha una mortalità media del 5%-10% e la morte può intervenire per shock dovuto all’imponente perdita di liquidi, per blocco renale da riassorbimento di sostanze tossiche o per shock cardiaco o infezioni intercorrenti che complicano una necrosi. Il caso a tutti noto e comparso nel film “sognavo l’Africa”, di quel ragazzo appassionato di serpenti che morì in pochi minuti dopo il morso di una bitis arietans, mi fa pensare ad uno shock anafilattico: forse, trattandosi di persona che maneggiava serpenti, era già stato morso precedentemente e si era allergizzato, e comunque, nella stragrande maggioranza dei casi, un eventuale decesso non si verificherebbe così in fretta.

Il siero polivalente è efficace sul morso di bitis arietans ma va somministrato solo nei casi ove compaiano sintomi di avvelenamento e preferibilmente una volta raggiunto un ospedale, anche perchè va inoculato endovena, in quanto, per via intramuscolare, l’assorbimento richiede molto tempo.

 

Vipera del Gabon (Bitis gabonica gabonica e Bitis gabonica rhynoceros))

Le due sottospecie, di cui la seconda dotata di una squama rialzata sull'apice del muso, sono i giganti tra le vipere di tutto il mondo (escludendo i crotalidi), potendo raggiungere, in Africa Centrale, i 180- 200 cm ed il diametro di un robusto polpaccio umano.

E’ diffusa nelle foreste centroafricane, in Africa orientale ed occidentale, ma si spinge fino al Sudafrica, dove tuttavia è presente solo in certe zone costiere dello Zululand, e, in Mozambico e Zimbabwe, sui monti Chimanimani.

Il corpo è massiccio e la testa oltremodo larga, con occhi a pupilla verticale. La sua livrea è una delle più belle e ricorda un tappeto persiano, con un complicato disegno geometrico e tinte che ricordano le foglie secche. Ad ogni lato della testa, sulla guancia, dietro l’occhio, spicca un doppio triangolo scuro. Caccia come la cugina arietans, ma ha un carattere incredibilmente pacifico e , se avvicinata, soffia come un mantice ed assume la posizione d’attacco ma è restia a colpire. Naturalmente le cose cambiano se ci si mette un piede sopra, come quasi mi accadde una notte, in foresta, e qui la torcia elettrica si dimostrò provvidenziale, perchè sinceramente, non sono sicuro di cosa possano passare delle zanne di oltre 4 cm, anche se è possibile, questo è vero, che si spezzino all’impatto con una calzatura spessa.

Il veleno è simile a quello del puffadder, citotossico e necrotizzante, ma può venire inoculato ancora più profondamente e soprattutto in quantità ben maggiori (600 mg), per cui, se non si tratta di un dry bite, uno shock cardiaco o ipovolemico può subentrare ben più rapidamente.

I morsi sono rari, fortunatamente.

 

Vipera nasicorne o rinoceronte (bitis nasicornis)

Contende alla Gabonica il premio di bellezza ma non raggiunge le sue dimensioni.

La testa, di colore blu o grigio-azzurro, con un segno scuro a forma di lancia, è un pò più stretta di quella della Gaboon adder, con un muso che ostenta una sorta di doppio corno, costituito da squame modificate. Il corpo è tozzo, con coda ben distinta e corta, specie nelle femmine, e presenta una  colorazione che parrebbe brillante, ma che, nel suo ambiente forestale, la mimetizza alla perfezione. Una serie di disegni geometrici azzurri, tagliati e contornati da linee gialle o marroni, si estende fino alla coda, affiancata, sui lati, da triangoli rossastri e grigi...una bellezza.

Notturna e placida anche se non come la Gabonica, ama la foresta e le zone vicine alle paludi.

E’ diffusa specialmente in Uganda e Kenia occidentale.

Il veleno è verosimilmente analogo a quello delle due specie precedenti ed i morsi molto rari.

 

LE VIPERE “MINORI”

 

Voglio accennare, senza dilungarmi, ad una serie di vipere di dimensioni decisamente minori che, proprio per questo, non sono generalmente mortali ma che sono in grado comunque di rifilare un morso estremamente doloroso e che può portare alla perdita di un dito. Ma prima parlerò di un viperide che ha un veleno totalmente differente.

 

Berg adder o vipera delle montagne (bitis atropos)

Lunga in media 30 o 40 cm.( ma talvolta anche 60 cm.), questa vipera è limitata a zone di montagna del SudAfrica (Drakensberg , dove è stata trovata a 3000 m. e montagne della regione del Capo) e sui monti Chimanimani al confine tra Zimbabwe e Mozambico.

Colore di fondo oliva o grigio cenere, a volte scuro, con linee longitudinali color argento oppure bianche e triangoli scuri contrapposti. Sulla testa è spesso evidente un segno a punta di freccia. Succede che morda alpinisti ed escursionisti che non guardano l’appiglio su cui mettono la mano, in quanto è irascibile e pronta a mordere: lo rammentino gli amici che si recano a caccia in SudAfrica in zone montane. Il veleno è neurotossico, come quello degli elapidi, ma si limita di solito a dare una paresi reversibile a carico dei muscoli oculomotori e faciali e non mi risultano casi mortali. Tuttavia, ricordo che qualunque morso di serpente, anche solitamente non mortale, merita attenzione e perlomeno una visita presso un centro specializzato.

 

Green bush viper (atheris squamigera)

Lunga fino a 60 cm, questa vipera ha squame fortemente carenate e coda prensile che denuncia la sua predilezione per i rami dei cespugli. E’ di solito di un bel verde, con bande trasversali gialle e si trova in Uganda e Kenia occidentale, in zone di foresta e foresta montana. Veleno verosimilmente citotossico. Anche se non sono al corrente di casi mortali, non si può escludere a priori che possa, a volte, uccidere.

 

Horned adder (bitis caudalis)

Ho parlato sovente, sulle pagine della rivista per cui scrivo, di questa vipera della sabbia, che è frequente su di un altopiano di Ingwe, una piccola enclave isolata in una zona forestata e di montagna, abbastanza inusuale per detto serpente.

La sua area di diffusione comprende la parte occidentale del Capo, il Sud del Botswana e gran parte della Namibia, oltre alla valle del Limpopo (specie i dintorni di Musina). Presenta, sopra gli occhi, delle squame rialzate, simili a cornetti.

E' di carattere iracondo e pronta a mordere, ma non mi risultano casi mortali, anche se un bambino o un cardiopatico potrebbero essere a più alto rischio. Veleno citotossico che causa dolore e necrosi locali.

 

Many-horned adder (bitis cornuta)

Potremmo tradurre con ...vipera multicorne. Assomiglia alla precedente, anche nella livrea, nelle abitudini, nel veleno.....ma ha, su ciascun occhio, un “ciuffo” di squame che paiono le “corone” di un cervo kapital. Abita le dune sabbiose della costa Atlantica del SudAfrica ed il deserto del Namib, dove si muove spesso con la tipica andatura “side-winding.

 

Plain mountin adder (bitis inornata)

Come dice il nome, questa sfigata viperetta non esibisce l’abito multicolore e un pò chiassoso delle due precedenti, ma una dimessa tuta color mattone sporco, con poche e poco visibili macchiettature appena più scure. E’ una parente povera anche perchè non ha corna....beh, in certi ambienti anche le corna sono un segno di distinzione. E’ sfigata pure quanto a diffusione, essa infatti  è pressochè....puntiforme, limitata ad una zona dei monti Sneeuberg presso il deserto del Karoo, una vera caccola di mosca sulla carta geografica, dove, per giunta, a volte nevica e fa un freddo cane, per cui è costretta ad andare in letargo. Infine è sfigata anche quanto a dimensioni, perchè dire che è nana risulterebbe riduttivo....la media si aggira sui 20 o 25 cm. una stazza che, se non avesse almeno il veleno (che è pure debole, poverina), le sconsiglierebbe anche di litigare con uno di quei grossi millepiedi neri che chiamano Ihlongololo. Che dire ancora? ...ah, ha anche un brutto carattere.

 

Vipera rossa (bitis rubida)

Altra piccola vipera di colore rosso, con macchie marroni, lunga circa 30 cm. La si può incontrare nel Capo occidentale.

 

Albany adder (bitis albanica)

Altra sfigata quanto a diffusione, essendo descritta solo ad Algoa bay, tuttavia ha una bella livrea chiaro-scura ed è interessante perchè fu scoperta solo nel 1997 o 1998.

Veleno debolmente citotossico

 

Altre piccole vipere simili sono: la vipera di Peringuey (bitis peringuey), la vipera meridionale (b.armata), la Namaqua dwarf adder (b.shneideri) e la vipera delle paludi (proatheris superciliaris).

 

Vipera degli Aberdare ( vipera hindii)

Limitata alle alte quote, sopra i 2500 metri, sui monti Aberdare e sul monte Kenia, questa piccola vipera, dal brutto carattere, ha testa triangolare, corpo robusto e coda corta. Le squame sono carenate, conferendole un aspetto “ruvido” ed il corpo è grigio, con quattro file longitudinali di disegni romboidali. Ha un veleno emotossico e citotossico.

 

Vipera cornuta del Kenia (bitis worthingtoni)

Grigia, con una fila dorsale di macchie triangolari o a forma di rombi. Anche questa è un’alpinista ed ama le alte quote.

 

CAUSUS

 

Le vipere della notte (genus Causus)

Si tratta di serpenti velenosi con un aspetto un pò diverso dalle tipiche vipere, con testa meno allargata e distinta e pupilla rotonda. Le zanne sono molto più corte.

 

Common night adder (causus rhombeatus)

Nello Zululand, questo serpentello notturno causa un certo numero di avvelenamenti, solitamente non gravi, data la scarsa potenza del suo veleno citotossico, e viene chiamato inyoka yesebusuku...serpente della notte.

Come le congeneri, è di abitudini sotterranee, ed esce a caccia di rane la notte, ma può essere incontrata anche di giorno, specie dopo forti piogge.

Può raggiungere i 60 cm. ma la media è molto al di sotto. La testa presenta una evidente V, ad apice rivolto verso il muso, il colore tende al rossiccio, o al marrone, a volte può essere oliva o grigio ferro e sul dorso mostra una serie di rombi più scuri dello sfondo, a volte bordati di bianco o crema.

Predilige aree umide, in funzione anche della sua dieta a base di batraci, e trascorre molto tempo in gallerie sotterranee, sotto una pietra o in un termitaio. Non è un rettile aggressivo, anche se si gonfia come una salsiccia e sibila sonoramente, se provocato, e, se toccato, morde senza esitare.

Il veleno è relativamente debole, citotossico, e causa edema e talvolta necrosi locali, ma mai paragonabili a quelle causate dal veleno di bitis e vipere.

E’ diffusa in buona parte dell’Africa australe, Zimbabwe compreso, ma assente dalle zone più aride, per cui, ad esempio, in Botswana e Namibia si incontra praticamente sono nel Nord (Caprivi).

 

Snouted night adder (causus defilippi)

Più piccola della precedente, ha l’apice del muso rialzato, come la babbuccia di un sultano orientale, e la testa poco distinta dal corpo. Il colore è di solito bruno o rossiccio, a volte tendente al rosa o al malva. Sulla testa presenta anch’essa una macchia a V e sul dorso disegni triangolari.

Comunissima nella mia riserva, ha abitudini simili alla “common”, ma è più irritabile e pronta a mordere. Tuttavia il suo veleno non è potente e non sono riportati casi mortali.

 

Vipera della notte verde o “ di velluto” (causus resimus)

Tipica dell’Africa orientale e parte dell’Africa centrale, è comune in Tanzania, Kenia, Uganda, Rwanda e Burundi. Come struttura e dimensioni è simile alle congeneri più meridionali, ma è di un bel color verde smeraldo, su cui, nei giovani, spiccano macchie più scure a v rovesciata, ma che tendono a scomparire con l’età. Le squame lucide ed il colore la fanno veramente sembrare un serpente di velluto. Il veleno è analogo a quello delle precedenti.

 

ATRATTASPIDI o VIPERE SCAVATRICI o STILETTO SNAKES

Un tempo ascritte ai viperidi, oggi vengono considerate, da alcuni erpetologi, una famiglia a se stante, ed effettivamente mostrano alcuni caratteri unici.

Il più curioso è l’apparato velenifero.

La ghiandola parotide di queste specie, dove viene sintetizzato il veleno, è enorme, spingendosi molto indietro, nel collo, ma fortunatamente il veleno prodotto non é eccessivamente potente, pur essendo pericoloso. Le specie della parte meridionale dell’Africa non mi risultano aver causato avvelenamenti mortali nell’uomo, ma qualche caso letale è imputato ad alcune specie dell’Africa orientale e centrale.

La seconda caratteristica veramente singolare sono le zanne velenifere.

Queste sono piuttosto lunghe, fissate nel mascellare orizzontalmente, dirette all’indietro, e non sono erigibili come nei viperidi, ma possono essere fatte protrudere lateralmente.

Questa caratteristica rappresenta un adattamento alla vita fossoriale. Quando il rettile caccia in cunicoli sotterranei, cosa per cui è.... progettato, data la sua forma a ....supposta, una volta raggiunta la preda non avrebbe lo spazio per spalancare la bocca ed infiggere le zanne nella vittima. In tal caso spinge semplicemente la testa arrotondata oltre il corpo della preda, facendola scivolare a lato della medesima, protrude una zanna, e poi, con un rapido movimento all’indietro, la infigge profondamente, iniettando il veleno. Per questo motivo, questi serpenti si meritarono il pittoresco nome di “stiletto snakes” o serpenti pugnale, nome che forse i primi coloni copiarono dagli indigeni locali. Molte tribu, infatti, chiamano la vipera scavatrice inyoka yommese o serpente del coltello.

Questo modo di colpire rende inoltre pericoloso afferrare l’animale dietro la testa, come si fa con qualsiasi serpente pericoloso, perchè inyoka semplicemente sfodera una delle zanne e, con un movimento laterale della testa, la infigge nel dito del suo catturatore. Inoltre, quando catturati, tendono a pungere con la coda, che è dura e appuntita, creando un diversivo nello scocciatore che, sorpreso, credendo di essere stato morso in un altro punto, mollerà spesso la presa.

Il veleno di questi serpenti è citotossico e provoca un dolore molto violento, gonfiore e spesso necrosi anche importanti. Non sono rari i casi in cui compaiono anche sintomi generali, come nausee, vomito e perdita di coscienza.

Sono generalmente di indole irritabile e pronti ad usare il loro...stiletto ed assumono spesso una curiosa posa difensiva, se minacciati: inarcano il collo, puntando a terra il muso e spesso, nel contempo, alzano la coda che, può essere scambiata per la testa.

 

Southern stiletto snake (atractaspis bibronii)

Lungo fino a 75 cm. è comune in tutta l’Africa meridionale, compreso tutto il Botswana e buona parte della Namibia, a dimostrazione della sua adattabilità a climi ed umidità diversissimi, dalle zone paludose a quelle subdesertiche. Preda soprattutto lucertole, serpenti e roditori fossoriali, ma anche batraci.

Ha colorazione uniforme, spesso scura o anche nera.

 

Anche le altre specie, presenti in tutta l’Africa, hanno la caratteristica forma a lombrico, con testa e coda poco o punto distinte, e questo, unito alla colorazione spesso anonima, può indurre a crederli serpenti innocui, come sono gran parte delle specie scavatrici. Per cui...occhio alla penna!

 

SERPENTE NERO  DEL NATAL(macrelaps microlepidotus)

Molto onestamente non so dove “sistemare” questo serpente che ho visto un paio di volte nello Zululand, ed anche alcuni erpetologi con cui ho parlato, avevano opinioni diverse in proposito.

Misura dal  mezzo metro al metro di lunghezza e la sua forma ricorda vagamente quella degli stiletto snakes, con cui ha in comune, però, solo le abitudini sotterranee.

E’ placido e restio a mordere e l’unico caso di morso, di cui ho letto, causò perdita di conoscenza per qualche minuto.

 

ELAPIDI

L’Africa è ricca di specie di elapidi.

Cominciamo dai miei amici mamba.

 

I MAMBA ( genus dendroaspis)

Il genus dendroaspis (serpenti degli alberi), comprende quattro specie note.

 

Mamba nero (dendroaspis plylepis). Afrikaans:swart mamba. Zulu: imamba limnyama

Come abbiamo visto è il re degli avvelenatori, con un tasso di letalità, nei casi non trattati, che è praticamente del 100%, caso pressochè unico ( se si eccettua il taipan, che lo segue a ruota), sia per il fatto che rarissimamente morde senza inoculare, sia per l’abitudine a mordere più di una volta, sia, ancora, per la potenza del veleno e per la dose che inietta.

E’ anche il detentore del secondo posto, quanto a lunghezza, tra i serpenti velenosi, con misure medie tra i due ed i tre metri e mezzo, ma può arrivare a 430 cm.

L’esemplare più lungo che ho misurato era 360 cm., lunghezza non inusuale a Ingwe, e generalmente animali di questa taglia sono abbastanza vecchi, quello che mi morse anni fa era invece lungo tre metri, ma occorre ricordare che già nel primo anno di vita possono già arrivare a 200 cm.

Voglio però raccontare di un incontro memorabile, che non scorderò mai.

Stavo cacciando in Tanzania, nel Masai, con un amico italiano, che aveva una bella concessione a Sud di Arusha e con il mio amico Beppe. Stavamo cercando i leoni e ci fermammo presso uno shamba, un villaggio Masai, a chiedere ad un moran, che portava al pascolo le sue vacche, se avesse visto Simba nei paraggi.

Mentre il nostro tracciatore interrogava l’uomo, io vidi una specie di lungo tubo “ gettato” su di un alto termitaio che, lì per lì, mi parve proprio un grosso tubo di gomma, sia per le dimensioni che per il colore, che era molto scuro, color grafite.

Avevo il binocolo appoggiato sul cruscotto del Toyota e decisi comunque di dare un’occhiata con quello, non so, probabilmente non ero molto convinto della mia prima impressione. Eravamo ad una trentina di metri di distanza e, una volta inquadrato l’oggetto nelle lenti, quasi il cappello mi schizzò dalla testa, come quello di Paperino. Mi pareva che, se solo avessi allungato la mano, avrei potuto toccare il mostruoso mamba che se ne stava acciambellato su quella casa di termiti. Non ci potevo credere, era veramente enorme, e scuro come mai ne avevo visto uno...doveva essere il Matusalemme, il nonno di tutti i mamba dell’Africa.

Era comodamente sparapanzato sul tetto del termitaio, ed il suo corpo descriveva un 8 perfetto, che riempiva letteralmente lo spazio che intercorreva tra due cime del termitaio medesimo, che pareva una mano che facesse le corna. Potevo vedere la testa, lunga e stretta, appoggiata sulle spire, con quegli occhietti che parevano di ossidiana, freddi e senza fondo.

A prima vista, anche se è oltremodo difficile stimare la lunghezza di un ofide a distanza, mi dava l’impressione di essere ben più lungo di tre metri, dannatamente più lungo. Ora, non è che io sia solito cannoneggiare tutti i mamba che vedo, diamine, i serpenti mi sono simpatici, e generalmente un serpente, se voglio prenderlo, cerco di catturarlo senza fargli male, ma, prima di tutto, dopo qualche esperienza decisamente traumatizzante ( allora non ero ancora stato morso ma già ci ero andato vicino, catturandone un paio) cominciavo a pensare che forse Mr.dendroaspis è l’unico rettile con cui avrei evitato volentieri di fare lo scemo, e poi, comunque, non vi era modo di avvicinarlo senza indurlo ad infilarsi, come un razzo, nel primo buco...doveva sicuramente essere un inquilino di quel condominio per formiche.

Ma QUEL mamba, lo volevo proprio, anche perchè ero convinto che, al momento di misurarlo, avrebbe dato delle sorprese.

E così optai per la soluzione più drastica, adducendo a me stesso la scusa della curiosità scientifica.

Solo che, dannazione a me, nell’eccitazione del momento, commisi un errore marchiano.

Anzichè alzarmi e passare nel cassone, dove c’era il calibro 12, presi, dal porta-fucile montato sul cruscotto, la carabina in 375, con ottica. Mi appoggiai sul montante del parabrezza, mirai e sparai.

Ma avevo trascurato un particolare. Il corpo del serpente era comunque sottile, ed a trenta metri, essendo l’ottica tarata a 100, la palla colpisce qualche centimetro più in basso, forse anche solo tre centimetri, misura irrilevante su qualunque animale anche piccolo, ma non su un mamba, il cui diametro era, forse, di 4 cm.. La palla mancò la testa e colpì, forse di striscio, il corpo, appena sotto dove la testa era appoggiata. Vi fu una fontana di polvere ed il corpo fu scaraventato in alto, come un nastro impazzito, poi il rettile si infilò come un fulmine nel termitaio.

Quando mi recai sul posto, misurai la distanza tra le due cime: due metri abbondanti. Il corpo descriveva un 8 completo, quindi non ho dubbi sul fatto che quel mamba superava i 4 metri.

Il colore scurissimo, era probabilmente dovuto all’età, in quanto il black mamba non è quasi mai nero. Solitamente è grigio, grigio-verde, a volte color canna di fucile, ma il nome gli deriva dall’interno della bocca, nero come l’inferno, che l’animale mostra, a mò di efficace avvertimento, quando minaccia.

Preferisce la savana, evitando la vera foresta, ed è presente in buona parte dell’Africa meridionale, escluse le zone desertiche e buona parte del SudAfrica, dove è ben rappresentato e comune solo nello Mpumalanga, Limpopo e Zululand. Si spinge, a Nord, in parte dell’Africa centrale e nell’Africa Orientale.

Animale territoriale, è abitudinario e usa per molti anni o anche per tutta la vita lo stesso rifugio,che può essere un termitaio, un tronco cavo, una tana di oritteropo, un crepaccio, e frequenta, se non disturbato, sempre lo stesso posto, per i suoi bagni di sole. E’ diurno e caccia attivamente soprattutto animali a sangue caldo: roditori ed uccelli e, essendo rapido e nervoso, è difficile avvicinarlo. Il più delle volte, si dilegua già ad una distanza di trenta o quaranta metri, quando avverte le vibrazioni di qualcuno che si avvicina, e ciò rende conto della relativa rarità dei morsi. Il rischio grosso è quando uno di questi elapidi si sia scelto come rifugio un capanno per gli attrezzi o un casotto del generatore o per la pompa. In tal caso, il farmer che entri mentre lui è in casa, verrà attaccato selvaggiamente  spesso morso ripetutamente.

Nel bush, se si è scalognati, un attacco può verificarsi in due situazioni: quando si passi inavvertitamente tra il rettile ed il suo “ buco” e lui non abbia avvertito per tempo l’approssimarsi dell’intruso, come accadde a me, oppure quando, accortosi dell’arrivo di qualcuno, il mamba si sia rifugiato su di un cespuglio o di una bassa pianta . Per questo motivo raccomando sempre a chi accompagno nel bush di alternare l’attenzione tra il terreno dove si posano i piedi ed i rami dei cespugli che si attraversano...un morso in faccia è l’ultima cosa che vogliamo, vero?

Il veleno del mamba nero è neurotossico e pare agire sia a livello postsinaptico ( azione curaro-simile), sia a livello presinaptico, grazie alle dendrotossine che bloccano i canali del potassio.

Inoltre contiene delle cardiotossine che agiscono sul cuore. E’ mortale, per l’uomo, nella dose di 14 mg. e può inocularne oltre 150 con un morso.

Riporto qui un incidente accadutomi nella mia riserva, qualche anno fa, con un black mamba.

 

Quel mattino, presto, stavo accompagnando degli amici a caccia, a Ingwe, la mia riserva, e stavamo avvicinando un folto branco di impala che avevamo avvistato.

Lasciammo due degli amici, Claudia e Roberto, vicino ai due quad (moto a quattro ruote motrici) ed io precedetti Beppe per l'avvicinamento, lasciando stupidamente il fucile sul quad.

Gli impala erano a 50 metri da noi, subito al di là di una collinetta e noi procedevamo a passi felpati, tipo Gatto Silvestro.....

Credo che ciò che impedì alla mamba di avvertire il nostro arrivo fu non solo questo particolare, ma anche e soprattutto lo scalpiccio degli zoccoli del branco di antilopi, poco distante.

Inoltre io ero troppo occupato a guardare davanti a me ed a cercare la via di approccio più idonea per guardare in terra (altro errore da non fare mai!)

 Fatto sta che, ad un tratto, sentii il serpente sotto il mio piede destro e vi assicuro che non è una bella sensazione, quando senti quella specie di salsiccia viva sotto lo scarpone!

D'istinto, feci un salto indietro e pensai di aver calpestato un puff adder, tuttavia, quando abbassai lo sguardo, vidi un grosso mamba  che mi mordeva entusiasticamente la gamba destra, attraverso il pantalone, appena sotto il ginocchio e che poi scivolò via, sgusciando tra i piedi di un orripilatissimo Beppe.

Esaminai subito la ferita: un "full bite"! I due fori dei denti erano chiaramente visibili. Non vi era ombra di dubbio!

Salii sul quad e, seguito dagli altri, mi affrettai a guidare verso la farm, dove chiesi a Claudia di applicarmi un bendaggio compressivo, che rallentasse l'assorbimento del veleno da parte del sistema linfatico, poi chiamammo, per radio, la base aerea militare che si trova ad un 40 chilometri in linea d'aria da Ingwe.

Mentre attendevo, pensavo a com'è strano il destino: tre giorni prima eravamo andati nella farmacia di Louis Trichard ad ordinare le 10 fiale di siero polivalente che tengo sempre nel frigorifero a gas, in farm, e che erano scadute.....

Fortunatamente abbiamo un ottimo rapporto ed una sorta di accordo con i militari della base. Loro fanno, talvolta, le loro esercitazioni notturne, con i potenti elicotteri da combattimento, sulla nostra area e noi, in caso di emergenza, sappiamo di poter contare su di loro.

Così è l'Africa! La solidarietà non è ancora merce rara, laggiù, per fortuna.

Spiegai ai miei amici quali sintomi potevamo aspettarci e cosa avrebbero dovuto fare, mentre si attendeva l'elicottero, se avessi avuto bisogno di respirazione artificiale, ma non ce ne fu bisogno, fortunatamente.

Quando il frastuono dell'enorme elicottero " Puma " da combattimento e trasporto truppe riempì la valle, mentre il velivolo atterrava nel prato davanti a casa, iniziavo a sperimentare una lieve difficoltà di parola, a sollevare le braccia e le gambe iniziavano a farsi un po' deboli, ma nessun sintomo respiratorio era ancora presente.

Claudia mi accompagnò, come una premurosa crocerossina, insieme a Beppe, stile salvataggio in Viet Nam, fino all'ospedale, dove avevano il siero, e lo raggiungemmo in quindici minuti di volo, al massimo della velocità del " Puma.

 La disavventura si concluse con un' overdose di fleboclisi.

Per diversi giorni, come ricordo, mi rimase una totale assenza di sudorazione alla gamba destra.

 

Settembre 2003:

Nel mese e mezzo di permanenza ad Ingwe, sempre in compagnia degli inseparabili amici di Milano, tra una caccia e l’altra, tra una camminata e l’altra, non ho tralasciato di cercare, quasi ogni giorno, il mio sgusciante amico che Claudia e Roberto hanno battezzato Clemente (non so se perché fa rima con serpente oppure perché è stato….clemente con me, nel senso che mi ha concesso il tempo di farmi curare in ospedale, anziché farmi fuori in mezz’ora o mordermi a tre ore di marcia da casa).

Ben sapendo che il mamba è territoriale ed abitudinario e che sovente ama fare la sua elioterapia nello stesso posto, confidavo che mi avrebbe concesso un appuntamento, tuttavia pareva proprio che l’infingardo sospettasse che l’avevo presa male e che avesse deciso di cambiare rione….

Era ormai l’antivigilia della mia partenza, un momento molto delicato per me in quanto, a circa una settimana dal momento in cui devo lasciare il mio pezzetto di Africa per tornare in Italia, il mio umore è solito peggiorare notevolmente, ed uscii per un ulteriore giro di ricerca di Clemente….non si sa mai.

Lasciato il quad alla base della fatidica collina, presi con me il cal.12 e mi incamminai lentamente verso la cima. Era mia intenzione comportarmi esattamente come avevamo fatto quella mattina di alcuni mesi prima, per cui camminai con piede di velluto, come un membro della banda bassotti, salendo lentamente e guardandomi bene intorno.

Giunto sulla sommità, passai tra gli stessi cespugli che avevamo usato come schermo per avvicinare gli impala, aggirai la stessa roccia ed arrivai nel punto dove era avvenuto il patatrac…solo che stavolta guardavo bene per terra.

Non so se voi credete al cosiddetto sesto senso, ma io si, ci credo:…non so perché, ma mi sentivo nelle ossa che quella poteva essere la mattina giusta e così, guardandomi attorno, non mi stupii più di tanto nel vedere una cosa che stonava col paesaggio di erbe secche che avevo intorno: un qualcosa di scuro si elevava da una depressione del terreno a dieci o dodici metri da me…e non poteva essere uno stelo vegetale: troppo inclinato! Non mi mossi, sapendo che , se si trattava del mio amico, sarebbe scomparso, veloce come un colpo di frusta, nell’erba alta o in una fenditura, fregandomi.

Sollevai piano il binocolo….si era proprio lui.

La sottile testa, compressa lateralmente, a forma (azzeccatissimo!) di cassa da morto, (“coffin shaped”, come dicono qui), era immobile, attenta. Vedevo la lunga rima buccale, concava verso l’alto, come un sorriso pieno di cattive intenzioni, che si spingeva ben più indietro dell’occhio, quella boccaccia, pensai, che si era spalancata, tempo prima, per regalarmi quegli squisiti momenti di fifa blu. “Senza rancore, vero?” dissi a voce alta, ben sapendo che lui tanto non poteva udirmi, alzai il 12 e sparai.

Non è che ce l’avessi con lui, in effetti. A dire il vero l’avevo anche pestato e di ragioni per mordermi ne aveva a iosa… e poi…e poi….ma si, anche queste brutte esperienze ti regalano qualcosa, alla fine, mi dissi. Non dico che faccia piacere un’avventura come quella, specie sul momento, però, se ci pensi, una volta passato lo spavento, avrai provato un altro aspetto di quest’Africa che tanto ti ha acchiappato, avrai fatto tesoro dell’esperienza e degli errori che hai commesso e, perché no, avrai una cosa in più da raccontare, anzi, come mi dissero amici del posto, sarai entrato in quella sorta di esclusivo club, mai ufficialmente fondato, di quelli che sono sopravvissuti al morso del mamba, una sorta di confraternita, anche se in realtà, al giorno d’oggi, grazie al siero, la maggior parte di coloro che, dopo il morso, vengono portati abbastanza tempestivamente in ospedale, sopravvivono.

Il rettile era lungo 290 cm.

Vorrei riportare qui un incidente analogo, anche se conclusosi, fortunatamente, senza conseguente ed occorso ad un mio caro amico, Giacomo Morelli, ottimo cacciatore d’Africa.

Giacomo stava cacciando sul versante Nord dei monti Soutpansberg, lo stesso sistema montuoso dove si trova la mia riserva che però è sulla parte meridionale, e stava percorrendo una pista, nel cassone del Toyota, che condivideva con un tracciatore.

Entrambi guardavano con attenzione la pista davanti a loro,alla ricerca di tracce e, con meno  attenzione, i rami che si protendevano sulla pista. Ad un tratto, un grido del tracker fece voltare bruscamente il mio amico, mentre un “ ramo elastico” colpiva, con un rumore sordo, la griglia di protezione che divide la cabina dal cassone, mancando il suo viso per un pelo.

In realtà non si trattava di un ramo, ma di un grosso mamba nero che se ne stava tranquillamente a riposare su di un ramo aggettante sulla pista e che, vedendosi precipitare addosso un intruso, aveva reagito di conseguenza.

Fermata l’auto, il rettile venne individuato e ucciso: misurava 285 cm privo della testa, per cui la lunghezza totale doveva essere di tre metri.

Con questo scritto non voglio certo instillare o rinfocolare paure irrazionali negli amici cacciatori, anzi, ribadisco la mia convinzione che si tratti di incidenti eccezionalmente rari, tuttavia credo che si possa trarre una conclusione:

Sempre guardare dove si mettono i piedi!........ Sempre, anche se si sta seguendo un elefante da 100 libbre....... Facile a dirsi, vero?

 

Una curiosa coincidenza: quando accadde l'incidente, stavo finendo di scrivere un romanzo ambientato in buona parte in Africa, intitolato " Dendroaspis " e che è incentrato sulla scoperta di una nuova specie di serpente, romanzo da dilettante, ovviamente, e che è in speranzosa attesa di trovare, forse, un editore.....

La vita è buffa, a volte. Che sia un segno del destino?

 

 

I MAMBA VERDI

Ci sono tre specie di mamba verdi, tutti serpenti arboricoli, che trascorrono la maggior parte della loro esistenza sugli alberi.

A dispetto della credenza che siano ancor più letali ed insidiosi del black mamba, questi rettili sono molto meno pericolosi ed aggressivi e causano pochi incidenti, sia per la vita schiva e ritirata che conducono, lassù in alto, sia per la scarsa aggressività. Inoltre, pur possedendo un attivo veleno neurotossico, questo è meno potente di quello del mamba nero e inoculato in dosi minori. Tanto per non essere frainteso, dirò subito che, comunque, un morso di green mamba è un’emergenza grave e che è sovente letale, ma sicuramente causa meno morti del fratellone maggiore.

Non si dondolano dalle piante per mordere i passanti, nè si lasciano cadere di proposito nella jeep dell’esploratore, e, il più delle volte, gli incidenti riguardano erpetologi che li maneggiano. Non escludo che, in aree tribali, qualcuno venga morso anche mentre raccoglie frutti su di una pianta, ma non credo comunque sia un caso frequente.

 

Mamba dalla testa stretta o mamba verde orientale(dendroaspis angusticeps)

In isiZulu: imamba eluhlaza

Snello ed elegante serpente dal colore verde smeraldo, lungo in media 180-200 cm., con punte di due metri e mezzo.

La testa è allungata e a forma di “cassa da morto” come quella del “polylepis”, con occhio a pupilla tonda. Abita piantagioni e zone di foresta a bassa quota e spesso presso la costa, sia in Africa del Sud (Zululand, wild coast, Mozambico) sia in Africa orientale. Caccia prevalentemente uccelli e nidiacei e non disdegna le uova, ma anche piccoli mammiferi, specie pipistrelli. Talvolta mangia lucertole e camaleonti, ma preferisce animali a sangue caldo.

Non è aggressivo e, anche se minacciato, raramente assume quella postura a bocca aperta tipica del black mamba, anche se, a questo punto, può decidere di colpire.

Il suo veleno è potentemente neurotossico, ma meno attivo di quello di d.polylepis.

 

 

 

Mamba verde Occidentale (dendroaspis viridis).

Presente nelle foreste dell’Africa Centrale, ha aspetto simile al precedente. Anche le abitudini, il veleno e la dieta sono analoghi.

 

Mamba verde di Jameson (dendroaspis jamesoni)

Strutturalmente non differisce molto dai precedenti, tuttavia, l’aspetto cromatico è piuttosto diverso e lo rende inconfondibile. Infatti, la cute nera, che si intravede tra le squame, verdi, gli conferisce un aspetto reticolato, molto bello a vedersi e che lo mimetizza alla perfezione tra il fogliame.

Le parti ventrali sono gialle e la coda è nera.

La lunghezza va dai 180 i 240 cm.

E’ diffuso in Uganda e nella parte occidentale del Kenia e della Tanzania, sempre in zone forestali e nelle piantagioni.

 

I COBRA ACQUATICI  (Genus Boulengerina)

Non si tratta, in realtà, di veri cobra e non appartengono al genere Naja, ma l’abitudine ad allargare una sorta di cappuccio, se innervositi, hanno valso loro questo nome. Sono strettamente legati all’acqua e si nutrono soprattutto di pesci.

La  specie più nota è il

Banded water cobra (boulengerina annulata)

comune presso i laghi e corsi d’acqua dell’Africa Orientale, Rwanda, Burundi,Repubblica Centroafricana, Cameroon, Congo, Gabon e presente anche nello Zambia del Nord, questo rettile dal corpo robusto nuota con agilità e grazia, immergendosi anche a notevole profondità. La testa è corta e smussa, larga, con occhio a pupilla tonda, il colore del corpo tende al rossiccio o marrone, scurendosi verso la coda, con una serie di bande scure che barrano la parte anteriore.

Puo’ arrivare ad un metro e ottanta di lunghezza. Non è aggressivo e cerca sempre di defilarsi ma, se sorpreso sulla terraferma, erge, come un cobra, la parte anteriore del corpo ed allarga il suo “cappuccio”, spalancando la bocca.

Il veleno è potente e neurotossico ma non pare vi siano molti casi di morso.

 

Christy’s water cobra (boulengerina chrystii)

E’ un’altra sottospecie, anch’essa legata alla presenza di specchi d’acqua. Abitudini simili al precedente ma colorazione meno vivace. La sua distribuzione è più limitata, specialmente in Congo.

 

I COBRA ARBORICOLI o TREE COBRAS ( genus pseudohaje)

Come dice il nome, si tratta, anche qui, di falsi cobra, che presentano analogie con i Naja, ma che ne differiscono per diversi aspetti.

Sono serpenti prevalentemente arboricoli, di buone dimensioni, potendo arrivare oltre i due metri, dotati di caratteristici grandi occhi, e cacciano prevalentemente uccelli e lucertole arboricole.

Non sono animali che un turista o un cacciatore abbia molte probabilità di incontrare, per cui non mi dilungherò.

Vi sono due specie: Pseudohaje Goldii e Pseudohaje nigra.

Poco si sa dell’effetto del loro veleno sull’uomo, anche perchè i casi di morso non sono frequenti, tuttavia è neurotossico e, stanti le dimensioni di questi animali, probabilmente potenzialmente mortali.

 

I COBRA (Genus naja)

In Africa, come in Asia, i cobra hanno una folta rappresentanza.

 

COBRA COMUNE o EGIZIANO (naja haje)

Fino a non molto tempo fa, venivano riconosciute cinque sottospecie di questo elapide: Naja haje haje, N,haje legionis, N.haje arabica, N.haje Anchietae e N.haje annulifera, con differente distribuzione nel continente africano. Oggi, gli studiosi hanno separato le ultime due sottospecie, assegnandole a due specie diverse e ben distinte, per cui vediamo, prima, in breve, i tre Naja haje.

 

Cobra comune o Egiziano (naja haje haje)

Presente in Egitto e lungo una ampia fascia trasversale che corre a Sud del Sahara, da Senegal  e Mauritania, attraverso i paesi del Golfo di Guinea e dell’Africa Centrale, Nigeria, Niger, Rep.Centroafricana, Congo, Uganda, fino al Kenia.

Cobra del Marocco (naja haje legionis)

Tipico del Marocco del Sud,è  il cobra che viene là esibito dagli “incantatori di serpenti”.

Cobra dell’Arabia (naja haje arabica)

Parte Sud occidentale della penisola Arabica, Oman

Caratteri comuni

Sono serpenti grandi e robusti, con lunghezze cha vanno in media da uno a due metri, ma con punte di tre metri, testa larga e muso smusso. La colorazione è estremamente variabile, dal giallo o crema al nero, passando per marrone, rossiccio, verde oliva, grigio. Spesso la regione del collo presenta una o più bande scure, che divengono ancor più evidenti quando il serpente, irritato, allarga il suo cappuccio. Naja haje legionis ha solitamente testa e collo neri e corpo spesso giallastro o crema picchiettato di macchie scure, che tende a diventare scuro o nero con l’età.

I cobra non vivono mai nel deserto vero e proprio, ma non disdegnano aree aride o subdesertiche, ma richiedono acqua, anzi, non di rado sono stati visti nuotare anche nelle acque del mediterraneo. Spesso sono numerosi nelle oasi e nei campi coltivati (dove abbondano roditori) ed entrano volentieri nelle case per lo stesso motivo.

Sono cacciatori della notte e spesso fanno incursioni devastanti nei pollai.

Per quanto riguarda il loro temperamento, ho una certa esperienza con questi rettili e devo dire che, almeno dalle mie osservazioni, sono abbastanza tranquilli e poco aggressivi (ad esempio il cobra di Anchieta ed il cape cobra sono, in paragone, molto più...incazzosi). Tra le altre cose, questi serpenti sono tra quelli che con più alta frequenza, mordono “ asciutto” e spesso addirittura a bocca chiusa, anche se non bisogna mai sottovalutarli. Sono però animali molto curiosi e ben lo sanno gli “incantatori”, che sfruttano tale caratteristica ad arte. Il sollevare la parte anteriore del corpo, allargando il cappuccio, che in queste specie è più stretto di quello di naj naja, “dondolandosi” per seguire i movimenti di chi sta di fronte, è, si, un atteggiamento di attenzione e di minaccia, quando il rettile è sorpreso nel...”wild”, ma, spesso, per un cobra in cattività, abituato alla presenza umana, è espressione di curiosità, ciò non toglie che possa decidere comunque di colpire, se lo si scoccia.

Se si solleva un cobra comune su un normale gancio da serpenti, è uno di quei rettili che più “collaborano”, mostrandosi poco incline a scivolare via.....provate un pò con un black mamba!

Veleno: il veleno di naja haje contiene potenti neurotossine, e quindi un “full bite” è un’emergenza drammatica. Il veleno è un pò meno potente di quello del mamba nero, tuttavia rimane letale e può venire inoculato in grande quantità.

A differenza del mamba, vi è spesso una reazione locale, a volte dolorosa e con tumefazione, ma non causa necrosi. L’azione principale si esplica a livello della placca motrice, con blocco della trasmissione neuro-muscolare e paresi che possono portare ad asfissia.

 

Cobra comune meridionale (naja annulifera). isiZulu: i.phimphi

Diffuso in Sud Africa, Botswana, Mozambico, Swaziland,Zambia, Malawi e Zimbabwe, è molto simile, se non identico, strutturalmente, a naja haje, cui veniva, in passato, a scritto come sottospecie. Può esser lungo 250 cm. e, sebbene la colorazione  più  caratteristica sia quella “fasciata”, con bande color giallastro su corpo scuro o nero, sono frequentissimi individui dalle colorazioni più varie, come in naja haje.

Predilige la savana, arida o umida, ed il bush ed è prevalentemente notturno. Quanto detto per naja haje vale per questo cobra. Il temperamento è lo stesso, però ho notato ( ma questa è solo un’esperienza personale e non so quanto possa contare, in generale) che in certe zone è più aggressivo e nervoso, ad esempio nel lowveld, rispetto alle zone a quota più elevata, come ad Ingwe. Con una certa frequenza può fingersi morto, rovesciandosi a pancia in su e lasciando penzolare scompostamente la lingua di lato, atteggiamento comune ad altri serpenti, tra cui la nostra biscia dal collare e soprattutto il Rinkhals, che vedremo più avanti. Quindi, occhio, non raccogliete un cobra morto, se no siete arcisicuri che sia morto al 100%.

Una precisazione: se ci si trova davanti un cobra comune , in atteggiamento di minaccia, con una trentina di cm. di corpo sollevati e cappuccio allargato, e ci si mantiene a due metri di distanza, si è del tutto al sicuro ( un cape cobra avrà spesso la tentazione di avanzare verso di voi). Il cobra colpisce velocemente, ma il suo raggio d’azione è all’incirca pari alla lunghezza della parte del corpo che ha sollevato da terra, ed anche se decidesse di avanzare, i suoi movimenti non sono fulminei come quelli di un mamba. Diverso il discorso se non lo si vede, perchè nell’erba alta o di notte, e gli si passa troppo vicino. Se ci si ritira lentamente, il rettile lascerà probabilmente ricadere a terra la parte anteriore e se ne andrà. Se vi capitasse di trovarvi inaspettatamente (per voi e per lui) a breve distanza da un mamba nero ( e per breve distanza intendo anche 10 metri), la cosa è più seria. Se lui decidesse di attaccare perchè gli avete tagliato la ritirata verso il suo buco, c’è ben poco da fare, a meno che abbiate un bel cal.12, se, invece, lui si erge in atteggiamento minaccioso, la testa sollevata, allargando uno stretto cappuccio e a bocca spalancata a mostrare il nero della mucosa, la cosa migliore da fere è immobilizzarsi come statue ( difficilmente morderà un qualcosa di immobile) e attendere. Se si tranquillizzerà, scivolerà via e se ne andrà, se persiste, conviene, molto ma molto lentamente e senza gesti improvvisi, arretrare fino a portarsi al sicuro.

Ovviamente non è che un serpente si senta obbligato a rispettare delle regole o consuetudini e comportamenti anomali possono sempre verificarsi, tuttavia, per quella che è la mia esperienza con i mamba  (non voglio fare lo sbruffone, ma di mamba in vita mia ne ho incontrati molti), i casi di aggressione sono fatti fulminei, inaspettati, mentre solitamente quando il serpente vi ha visti per tempo e vi avvisa di non scocciarlo, è un gesto brusco o imprudente che può scatenare un attacco.

 

Cobra di Anchieta (naja anchietae)

Anche questa nuova specie veniva considerata, un pò di tempo fa, una sottospecie di naja haje.

E’ un cobra di dimensioni più modeste, in media da 90 cm a un metro e venti, che abita zone di savana arida, ma solitamente vicino a specchi o corsi d’acqua, in Botswana, Namibia e nello Zimbabwe occidentale.

A parte le dimensioni, ripete abbastanza fedelmente le caratteristiche dei precedenti. Può essere bandato ( banded phase), color bronzo o giallo o anche marrone o nero.

E’ anche simile ai precedenti quanto ad abitudini, ma è parecchio più nervoso e incline a mordere e i dry bites sono meno frequenti.

Veleno neurotossico e potenzialmente letale.

 

 

Cobra del Capo o Cape cobra (naja nivea). Afrikaans: koperkapel ( cappuccio di rame)

Uno snello cobra di medie dimensioni (da 120 a 180 cm) e di pessimo carattere.

Abita la parte più meridionale del Continente: la zona del Capo e la parte SudOccidentale del SudAfrica, la parte meridionale del Botswana e della Namibia, ed è frequentissimo nella zona del Karoo dove provoca ingenti perdite di bestiame ed è responsabile della maggior parte di casi di morte nell’uomo. Il colore varia moltissimo, ma una delle livree più comuni e certo la più caratteristica, è quella color giallo, oro o rame. Forme nere o rossicce sono comuni nel Capo.

Ama le savane aride ed è l’unico cobra che viva nel deserto (Namib).

Preda roditori, uccelli, uova e serpenti ed è diurno.

Quando disturbato, anzichè fuggire, la sua prima reazione è fronteggiare il nemico, sollevando la parte anteriore del corpo ed allargando il cappuccio, e spesso avanza verso il disturbatore. Tuttavia, come tutti i serpenti, se ci si allontana se ne va per i fatti suoi.

Il suo veleno, neurotossico, è persino un pelino più potente di quello del mamba e, sebbene prodotto in quantità minori, letale in un’alta percentuale di casi. nonostante possa somministrare un dry bit, lo fa con meno frequenza di altri cobra.

 

Cobra di foresta (naja melanoleuca)

Questo cobra, lungo fino a 270 cm e più snello della media delle altre specie, predilige le foreste, le piantagioni e le zone densamente alberate, dal Senegal all’Etiopia, attraverso l’Africa centrale, dall’Africa Orientale giù, a Sud, fino Mozambico, Zimbabwe, Zambia, Angola, SudAfrica, dove l’ho incontrato nello Zululand.

Sovente di colore giallastro, picchiettato di scuro, non mancano tuttavia forme nere o brune.

E’ prevalentemente notturno ma di giorno ama scaldarsi al sole. Non è aggressivo e cerca di svignarsela, se possibile, tuttavia, se costretto, solleva la parte anteriore ed allarga un cappuccio molto stretto e non esita a mordere. Il veleno è sovrapponibile a quello di naja haje.

I casi di morso sono comunque rari, sia per gli ambienti che frequenta, sia perchè poco nervoso.

Si nutre di batraci, roditori ed altri rettili.

 

I COBRA SPUTATORI AFRICANI

 

Come abbiamo visto in Asia, anche in Africa esistono cobra che hanno le zanne con apertura “anteriore”, in grado di sprayare il veleno verso il muso o il viso di un potenziale aggressore.

Negli “ sputatori” africani, anzi, questa arma ...balistica è più raffinata ed efficace.

Il veleno dei cobra sputatori è, a differenza di quello degli altri cobra, prevalentemente citotossico, come quello di molte vipere, in modo da risultare doloroso ed invalidante se colpisce gli occhi.

Ne consegue che, in caso di morso, anzichè paralisi progressiva, si assitterà ad imponenti fenomeni necrotici, con edema, emorragie e gangrene. A differenza dei cobra sputatori dell’Asia,dove, accanto all’azione citotossica, c’è anche un’azione neurotossica, in quelli africani quest’ultima manca o è scarsa. Fa eccezione il rinkhals, che però, come vedremo, non è un vero cobra.

 

Mozambique spitting cobra o um.fezi o m.fezi ( isiZulu) (naja mossambica)

Diffuso dalla Tanzania (Zanzibar compresa) , giù, attraverso Zambia, Zimbabwe, Angola e Malawi, fino  Mozambico, SudAfrica, Botswana e Namibia, è, insieme al black mamba, il serpente più comune anche a Ingwe.

E’ un “piccolo” cobra che arriva al  massimo a 160 cm., di colore bruno o grigio, con ventre spesso color salmone ed alcune bande scure ventrali nella regione golare. Ama le zone sassose con molti crepacci, i termitai e le tane di altri animali. A differenza di altri sputatori, può “sparare” il veleno anche senza sollevare la parte anteriore del corpo e , spesso, addirittura dal buco o crepaccio in cui si è nascosto, insomma una sorta di...sniper.

L’azione neurotossica è presente ma scarsa, mentre gravissima quella citotossica, con possibili gangrene e complicanze fatali. E’ un rettile potenzialmente mortale.

Cobra collo-nero (naja nigricollis)

Rappresentato in buona parte del Continente in tra sottospecie.

Naja nigricollis nigricollis

Naja nigricollis woodii

Naja nigricollis nigricincta

 

Naja nigricollis nigricollis

Lungo fino a 250 cm, la forma tipica ha colorazione simile a naja mossambica, la gola ha una larga banda nera. Vi sono individui tutti neri ed altri con le livree più varie. Come avete notato, riconoscere certi serpenti velenosi e specialmente i cobra, solo dal colore è impresa ardua. Occorre conoscere la loro distribuzione, le caratteristiche fisiche e via dicendo.

Ha dieta molto varia ed è molto adattabile e quindi una specie...di successo.

Veleno potentemente citotossico.

Naja nigricollis woodii

Presente nella zona del Capo immediatamente a Sud del confine con la Namibia e nel Sud della Namibia stessa, può arrivare a 2 metri e per molti anni venne ritenuto una sottospecie del Cape cobra. Dieta molto varia. Mangia anche i puffadder.

Naja nigricollis nigricincta o zebra cobra

Serpente tipico della Namibia, a Nord di Walvis bay, ha spesso la tipica colorazione zebrata, chiara e scura.

Accenno brevemente ancora ad un piccolo sputatore del Kenia e dell Tanzania, il cobra sputatore rosso (naja candida) e poi passo al

 

Rinkhals (Hemachatus hemachatus)

Non si tratta di un vero cobra e presenta importanti differenze.

Le squame sono carenate e non lisce ed è ovoviviparo e non oviparo come i cobra.

Le dimensioni vanno da un metro ad un metro e mezzo e la livrea è di solito grigio-verde o nera, ma vi sono individui “zebrati”, solitamente gialli e neri. Sono presenti barre chiare e scure sulla gola.

Quando è messo alle strette solleva la parte anteriore del corpo, ma molto di più dei cobra, fino a metà della sua lunghezza ed allarga il “cappuccio”. Può sprayare il veleno fino a tre metri, ma con minor accuratezza dei cobra e lo fa sempre con da “eretto”, accompagnando l’emissione di veleno con un movimento prima all’indietro e poi in avanti della testa e accompagnandolo con un forte sibilo. Spesso si finge morto come secondo sistema difensivo.

Il veleno, a differenza di quello dei veri cobra sputatori africani, e similmente a quelli asiatici, è neurotossico e può essere mortale, anche se è meno potente, e possiede anche principi citotossici.

E’ uno dei serpenti che meglio si adattano ai climi relativamente freddi e può mantenere intorno ai 30 gradi la sua temperatura anche in giornate fresche, dimostrando di avere un sistema di termoregolazione abbastanza efficiente.

 

GENUS ASPIDELAPS

Vi sono due serpenti di modeste dimensioni, nell’Africa meridionale che appartengono a questo genus.

Serpente corallo africano (aspidelaps lubricus)

Abita la regione del Capo ed il Sud della Namibia e predilige habitat aridi.

Lungo da 30 a 70 cm. È spesso color giallo o arancio o rosso corallo, dorsalmente, con anelli neri che attraversano il corpo per tutta la sua circonferenza. Una redine nera scende verticalmente in corrispondenza dell’occhio. Una sottospecie delle zone più settentrionali del suo areale di distribuzione, l’aspidelaps lubricus infuscatus, è più scuro, con corpo bruno o grigio e testa nera, e le barre possono essere più sfumate.

E’ specie fossoriale ed emerge di notte per cacciare. Ha carattere irritabile e morde facilmente se toccato, e il suo veleno è neurotossico. Allarga uno stretto cappuccio.

In SudAfrica non mi risulta vi siano mai stati casi mortali per l’uomo, ma in Namibia è riportata la morte di due bambini.

Shield-nose snake o serpente dal muso a scudo (aspidelaps scutatus)

Lo si trova in SudAfrica nelle regioni del Nord (Limpopo), in quasi tutto il Botswana e nel Nord della Namibia. E’ abbastanza corto e tozzo ( da 40 a 70 cm.) di colore marrone o rosso mattone, a volte grigio, con una serie di macchie scure sul dorso. La testa, corta e tozza ha la caratteristica squama a “scudo” all’apice del muso, che usa come una pala per spostare la sabbia. Ha abitudini e temperamento simili a quelle del coral snake e spesso si finge morto, come il rinkhals.

Veleno neurotossico ma piuttosto blando, ma che può anche causare tumefazione e dolore nella sede colpita.

 

PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEI MORSI DI SERPENTE

Il miglior trattamento per i morsi di serpente è non farsi mordere.

Non si tratta di un’evenienza comune, se si adottano alcune semplici precauzioni e soprattutto buon senso. I serpenti si fanno i fatti loro e voi non gli interessate, tuttavia, poiché un incontro è comunque possibile, non fa male sapere alcune cose.

-Guardare sempre dove si mettono i piedi e, nel bush, anche i rami bassi davanti a voi.

-Se si cammina di notte usate una torcia elettrica e non camminate a piedi nudi o con calzature tipo…paperine. Le zanne di certi serpenti possono passare una scarpa di tela con facilità.

-I calzoni corti lasciateli ai bwana-cacciatore bianco dei film. Io li uso di rado, in Africa (anche per via delle spine, zecche, scorpioni e via dicendo), un paio di robusti calzoni di tela possono a volte fermare anche il morso di un cobra, specie se non sono aderenti , anche se non è una regola (quando fui morso dal mamba che mi spedì all’ospedale, fu attraverso leggeri pantaloni, però, in un’altra occasione fui morso al braccio, e la camicia a maniche lunghe mi salvò).

Io uso spesso delle ghette di pelle che sono una buona protezione contro il morso anche di specie con zanne lunghissime, tipo puffadder.

-Se scavalcate una roccia, una pietra o un tronco, non saltate dall’altra parte, potrebbe esserci un cobra che prende il sole. Piuttosto salite sull’ostacolo e date un’occhiate a dove state per atterrare.

-Se vi arrampicate o se raccogliete legna, guardate dove mettete le mani; i serpenti hanno la pessima abitudine di nascondersi sotto foglie, ramaglie e via dicendo, e a volte di prendere il sole sulle rocce.

-Chiudete la tenda o il sacco a pelo, tanto per evitare di trovarci un inquilino.

 

 

 

Foto del morso: sono visibili i segni lasciati da una delle zanne. Le zanne hanno bucato la tela leggera dei pantaloni e sulla pelle i due buchi sono posti in orizzontale, il che mi fa pensare, a posteriori, che entrambe le minuscole ferite fossero state causate da una delle due zanne, che probabilmente aveva colpito due volte oppure era strisciata sulla superficie cutanea. Dal momento che l'immagine della testa del rettile, mentre mordeva, mi é rimasta ben impressa in mente,  ricordo bene che era posta parallelamente al terreno, per cui i due buchi avrebero dovuto trovarsi uno sopra l'altro, invece erano in orizzontale, ma accade spesso che una sola zanna attraversi efficacemente un indumento. O forse l'altra si era spezzata nel mordere la tela.

Nuove foto mamba nero si trovano alla pagina NEWS ed aggiornamenti

Un twig snake di 124 cm (Thelotornis capensis). Appartenente alla famiglia dei colubridi come le innocue bisce, per molto tempo fu ritenuto (al pari del boomslang) un rettile innocuo. Negli anni '50 entrambe le specie causarono incidenti mortali, in cui furono coinvolti degli erpetologi. In effetti, si tratta di serpenti arboricoli e tendenziaalmente non aggressivi, per cui i rari casi di morso interessano persone che li maneggiano per studio o per hobby. Il veleno del twig snake é emorragizzante e provoca morte per imponenti emorragie esterne ed interne, ma ha un'azione che potremmo definire ritardata, nel senso che i primi sintomi compaiono a distanza di 12-36 ore. A differenza del veleno del boomslang (per il quale c'é un siero monovalente specifico), non esiste un siero che  neutralizzi gli effetti del veleno di Thelotornis, il quale, pur ad azione molto simile, non viene inattivato dal siero anti-boomslaang. In caso di morso, tuttavia, l'infortunato può essere trattato con trasfusioni, fino a che gli effetti del veleno si esauriscano.

Twig snake
Twig snake

Nella foto sopra: bocca di Thelotornis capensis. I serpenti dotati zanne velenifere si distinguono in Solenoglifi (viperidi), dotati di zanne più evolute, ripiegabili sul palato ( cosa che rende possibile alloggiare zanne di maggiore lunghezza), Proteroglifi (Elapidi), con zanne scanalate, situate anch'esse nella parte anteriore del palato, ma fisse e quindi più corte, ed Opistoglifi, con zanne velenifere poste posteriormente nel palato. Il Twig snake ha, come si vede, i denti del veleno posti sotto l'occhio, inoltre le zanne non sono come quelle di un viperide o di un elapide, cave all'interno come un ago da iniezione, ma solo scanalate, per cui il veleno viene fatto "colare" nella ferita ed il serpente deve "masticare" sulla preda o sull'aggresssore, per far penetrare il veleno. Si tratta, insomma, di un apparato velenifero più...rustico e primitivo, cui l'animale supplisce con una tossina che, quantitativamente, é tra le più potenti del regno dei serpenti.

Sopra: un altro twig snake di 134 cm, uno dei iù lunghi che mi sia capitato di trovare. Sottospecie di foresta come il Thelotornis kirtlandi possono arrivare a 160 cm.

SERPENTI INNOCUI

Crossed whip snake o Serpente frusta crociato (Psammophis crucifer)
Crossed whip snake o Serpente frusta crociato (Psammophis crucifer)

Psammophis crucifer appartiene alla famiglia dei cosiddetti Serpenti-frusta ( per la notevole agilità e velocità) o sand-snakes. Si tratta di un colubride opistoglifo, come il twig snake, dotato di apparato velenifero e zanne poste posteriormente, tuttavia il suo veleno non é ritenuto pericoloso per l'uomo, a differenza di quello dei twig snakes e del boomslang.

Psammophis crucifer.
Psammophis crucifer.

La colorazione del crossed whip snake é variabile, ma é sempre evidente un segno a forma di croce sulla parte dorsale della "nuca", donde il nome scientifico e volgare.

Spotted bush snake (Philothamnus semivariegatus)
Spotted bush snake (Philothamnus semivariegatus)

Il green spotted bush snake é un bellissimo serpente arboricolo, che qualcuno tende a confondere, a volte, con il pericoloso boomslang. In realtà, a parte il colore ( che, tra l'altro, nel boomslang é molto più variabile e non sempre verde) e le abitudini arboricole, i due rettili presentano differenze evidenti che ne rendono facile la differenziazione, prime fra tutte il muso ben più corto e smusso e l'occhio ancora più grande del Boomslang (Foto sotto)

Boomslang (Dispholidus typus).
Boomslang (Dispholidus typus).

Il boomslang (Dispholidus typus), come i twig snake é un colubride opistoglifo dotato di veleno molto potente e potenzialmente letale (emorragizzante). A differenza di quello del twig snake, tuttavia, per questo veleno esiste un siero specifico monovalente. Il muso é corto e rastremato e l'occhio molto grande in proporzione, ed infatti Boomslang e twig snake hanno una buona visione binoculare, che consente loro di distinguere la preda anche se é immobile (camaleonti).

Bush snake
Bush snake

Sopra: un bush snake avanza con grazia ed agilità nell'erba. Questo serpente ha occhio giallo o arancione e,quando é irritato, gonfia il collo a somiglianza di quanto fa il boomslang, rendendo evidente la pelle di colore blu, tra le squame. Se afferrato o avvicinato erge la parte superiore del corpo e morde prontamente e ripetutamente, ma il suo morso é innocuo per l'uomo.

Bush snake
Bush snake

Pur inizialmente aggressivo, il bush snake si abitua in fretta e perde, spesso, la sua aggressività.

Flap-necked chameleon (Chamaeleo dilepis)
Flap-necked chameleon (Chamaeleo dilepis)

Il Flap-necked chameleon é una specie relativamente grande ( media 15 cm). Quando é tranquillo é generalmente verde smeraldo, con strie longitudinali bianche, ma se avverte un possibile pericolo, cambia colore attraverso tonalità più scure di verde, marrone e fino al nero se é realmente sotto stress.

Se spaventato o allarmato, il camaleonte, come tutti sanno, può cambiare colore, grazie a particolari cellule, i cromatofori (presenti anche nei cefalopodi, come seppie, polpi e calamari).

...ma in questa occasione i casi sono due: o io gli sembro rassicurante oppure la mia giacca a vento assomiglia dannatamente ad una pianta...
...ma in questa occasione i casi sono due: o io gli sembro rassicurante oppure la mia giacca a vento assomiglia dannatamente ad una pianta...

I varani africani

Varano del Nilo
Varano del Nilo
Varano del Nilo che prende il suo bagno di sole sul greto di un umfula.
Varano del Nilo che prende il suo bagno di sole sul greto di un umfula.

Sopra: Il varano del Nilo (Varanus niloticus) é il più comune ed il più grande varano africano, misurando da 150 a 220 cm di lunghezza. Colonizza habitat diversi, fino ad una quota di 1600 metri sul livello del mare ma sempre ove ci sia dell'acqua. Ugualmente a suo agio sulla terraferma o in acqua, é una lucertola carnivora e predatrice, che si nutre di una gran varietà di prede, tra cui batraci, serpenti, lucertole, nidiacei ed é particolarmente ghiotto di uova di coccodrillo, non esitando a divorare anche i piccoli del coccodrillo del Nilo. Robusto, veloce e combattivo, può infliggere brutte ferite a chi cerchi di catturarlo, oltre ad usare efficacemente la lunga coda come una frusta.

 

Sotto: Varano delle rocce (Varanus albigularis)

Varano di savana o delle rocce
Varano di savana o delle rocce

Foto sopra:

Il Varano delle rocce o di savana (Varanus albigularis) é la seconda lucertola africana per quanto riguarda le dimensioni, raggiungendo gli 80 cm e talvolta persino il metro di lunghezza. La coda, pur se compressa lateralmente é di aspetto più cilindrico di quella del varano del Nilo ed é lunga un pò più del corpo. Il muso differenzia facilmente questo rettile dal Varanus niloticus, in quanto é meno affusolato e si presenta bulboso e fortemente convesso, quasi angolato. Il corpo é ricoperto di squame arrotondate e convesse che sembrano chicchi di mais, mentre quelle della coda sono più carenate e di aspetto ruvido. Specie di abitudini terricole, si arrampica facilmente sugli alberi ed ama particolarmente le rocce, su cui sosta volentieri ( donde il nome di varano delle rocce). Animale diurno, caccia attivamente "alla cerca" insetti, aracnidi e millepiedi, percorrendo anche notevoli distanze, ma a volte mangia anche altri rettili e persino serpenti. Di carattere combattivo, se afferrato graffia con i forti unghioni e sferza con la coda, ma ciò che può veramente far male sono i suoi morsi: pur essendo i denti abbastanza piccoli, la forza della mandibola é notevole e tende a mantenere la presa ed a scuotere la testa, come un bulldog per cui lacera facilmente la pelle di una persona.

Cordilo gigante (Cordylus giganteus)
Cordilo gigante (Cordylus giganteus)

Sopra:

Il cordilo gigante o Giant girdled lizard (Cordylus giganteus) appartiene ad una famiglia di lucertole "corazzate" comprendente quasi una trentina di specie. Le dimensioni vanno dai 6 ai 20 cm. e la specie giganteus é quella che raggiunge le dimensioni maggiori. Si tratta di animali delle zone rocciose che trovano nelle fenditure e nei crepacci, un ottimo rifugio: una volta che si sono incastrati a dovere in una fessura provate un poò a tirarli fuori...non ci riuscirete manco con una forchettina da lumache. Una particolare specie, il Cordilo-armadillo, ha anche un'altra strategia difensiva: si arrotola proprio come un amadillo, afferrandosi la coda in bocca e formando un anello irto di spine, ben difficile da inghiottire. Si nutrono di qualsiasi cosa capiti loro a tiro, non essendo per nulla schizzinose: ogni tipo di invertebrato, dagli insetti agli aracnidi, millepiedi, scolopendre, lumache e persino piccoli vertebrati, come rane e lucertole, sono i benvenuti ma talvolta mangiano anche sostanza vegetali.

Agamidae

Gli agamidi sono una famiglia di lucertole caratterizzate da una struttura abbastanza appiattita, con testa grande e larga, distinta dal collo. Una delle caratteristiche più peculiare, tuttavia, é la loro dentatura, in cui sono differenzabili incisivi e canini. La maggior parte delle specie predilige ambienti rocciosi ma alcune sono arboricole, altre terricole.

 

Sopra: Agama arboricola o agama testa-blu (Acanthocercus atricollis).

Sopra: Ground agama (Agama aculeata).

Flat lizards (Genus Platysaurus)

Nell'Africa meridionale ( che non significa, ovviamente, solo SudAfrica) le specie di Platisauri note sono13 ma sicuramente il numero é destinato a salire perché c'é ancora molto da scoprire.. Le lucertole "piatte" sono rettili agili e velocissimi, che solitamente abitano ambienti rocciosi. Il corpo é depresso e appiattito, in modo da rendere agevole lo sfruttare crepe e fessure come riparo. I maschi sono di solito colorati vivacemente (dismorfismo sessuale) ed in molte specie la coda é di colore arancione. Le rocce preferite sono i graniti e gli gneiss che assicurano, oltre a sicuri rifugi, calore sufficiente per l'elevato metabolismo di queste lucertole, ed infatti la loro attività inizia, di solito, quando i raggi del sole illuminano gli anfratti dove hanno trascorso la notte. Quando ciò accade, la lucertola esce, senza allontanarsi dal proprio riparo e si scalda al sole, sino a quando la temperatura interna é compatibile con movimenti veloci e coordinati. A questo punto l'animale entra in attività. La temperatura corporea, dipendente da quella esterna, condiziona grandemente l'attività e quindi, se il freddo confina queste lucertole nei loro rifugi, altrettanto fa il caldo eccessivo, ed é raro vederle in giro nelle ore del mezzogiorno, almeno in estate. La dieta é prevalentemente a base di insetti ed altri invertebrati, ma include anche sostanze vegetali, come bacche e fiori. L'attività venatoria é di tipo attivo, alla cerca, e, data l'agilità di questi rettili, non é raro vederli balzare in aria per afferrare al volo farfalle o moscerini

Flat lizard  (Platysaurus monotropis maschio)
Flat lizard (Platysaurus monotropis maschio)
Le flat lizards sono piuttosto combattive
Le flat lizards sono piuttosto combattive

Gli Scinchi o Mabuye (genus Trachylepis)

Gli Scinchi tipici (Trachylepis) sono lucertole ricoperte di squame talmente "brillanti" da dare, in alcune specie, l'impressione di essere ..viscide, come trote, mentre in realtà la loro pelle é asciutta e pulita. Hanno occhi di medie o grandi dimensioni e zampe sviluppate che assicurano agilità e velocità. Vi sono specie che amano le zone erbose, altre specie sono arboricole, altre ancora colonizzano ambienti sabbiosi, ma la maggior parte di esse predilige terreni rocciosi. Rettili diurni, cacciano attivamente insetti ed altre lucertole ( compresi i giovani delle flat lizards) ma usano anche la tecnica dell'agguato. Alcune specie, più di altre, possono "lasciare " la coda in bocca o tra gli artigli di un predatore, ma se questa non é stata divorata , spesso la lucertola torna sul posto a mangiarsi di gusto la propria appendice perduta. La strategia consistente nel far "abboccare" un predatore su di una parte facilmente sacrificabile, al fine di salvare la pelle, é particolarmente affinata in specie come lo Scinco arcobaleno (foto sotto), la cui coda é colorata di un vivido blu, proprio per attirare su di essa l'attenzione.

Foto sopra: Scinco arcobaleno maschio (Trachylepis margaritifer)

Scinco arcobaleno maschio
Scinco arcobaleno maschio
Scinco arcobaleno femmina
Scinco arcobaleno femmina

Gechi

Geco nella grotta dei boscimani
Geco nella grotta dei boscimani
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